Mi è sembrata breve la seduta: io in anticipo, la doc un po’ in ritardo… ma forse la brevità percepita è solo relativa alla mole di sentimenti.
Tante cose da raccontare, e non tutte sono riuscita a tirarle fuori.
Le ho raccontato le mie mille crisi: che devo lavorare “da uomo”, che ho iniziato il percorso a Niguarda ma che devo rimandare di quarantacinque giorni, fino alla fine del periodo di prova – e non è molto d’accordo – e che M. mi ha chiesto di aspettare il rinnovo del contratto, sei mesi – assolutamente contraria –, che mi sono dovuta tagliare i capelli, su esplicita richiesta – perplessa e contrariata. E di quanto, lavorare e presentarmi da uomo, laceri la mia anima – un po’ me l’ha tirato fuori lei, ma l’ho sentita solidale.
Che ho dovuto ancora rimandare il coming out con i suoceri, per l’ennesima volta. Perché per M., ancora, non era il momento giusto.
Le ho raccontato della crisi quando la psichiatra del Niguarda mi ha fissato l’appuntamento di mercoledì, il giorno in cui faccio giornata e che non posso perdere: sì, ok, i permessi per visita medica sono obbligatori! Ma io sono ancora in periodo di prova, e chi glielo spiega che sono al centro per la sterilità? O, meglio, perché, effettivamente, lo frequento?
Non sono riuscita a dirle di F., di quanto lo senta lontano e distaccato, salvo quando dopo essere caduto in moto – senza conseguenze – ha abbracciato forte la mamma e, direi soprattutto, me! Gli ho chiesto, ancora una volta, visto che andavo là, se non volesse prendere un appuntamento anche lui. “No, adesso sto bene”. Non ne sono molto sicura ma spero vivamente sia così.