Gratuito patrocinio ✌️ – piccolo bilancio di fine anno

Anno pessimo… ma qualcosa di positivo c’è stato.

Innanzi tutto il nulla osta per la TOS e, per quanto in ritardo, l’inizio della terapia e dei suoi effetti.

I coming out lavorativi e con gli ultimi amici ed ex colleghi, tutti positivi.
La relazione psicologica e l’inizio dell’iter legale.

La decisione di M., dopo una prima ipotesi di scioglimento del matrimonio, di convertirlo in unione civile – anche se ultimamente sento un raffreddamento nel nostro rapporto e non sono così sicura della scelta finale che dovrà avvenire fra poco, dopo la relazione endocrinologica, alla presentazione dell’istanza.

Proprio stasera, ho avuto la notizia dal mio avvocato che è stata accettata la richiesta di gratuito patrocinio. Un ottimo modo per concludere un anno decisamente pessimo, sotto molti punti di vista.

Almeno non dovrò pagare – non potrei! – per litigare con lo Stato per ottenere quello che è un mio diritto, riconosciuto da una Sua legge, la n. 164 del 14 aprile 1982 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso – G.U. Serie Generale n.106 del 19-04-1982).

Invece di usare il solito francesismo per salutare l’anno che sta finendo, visto che stanotte si conclude anche la Brexit, userò un anglicismo, anche per salutare gli ex-comunitari:

🖕FUCK 2020!🖕

Natale in zona rossa

Odio il Natale, lo sapete. Non odio la festa in sé ma il senso della festività è tutt’altro che commerciale e luculliano.

Quest’anno, forse unica positività della pandemia, i festeggiamenti sono stati solo della famiglia stretta. Non fraintendetemi: amo i miei suoceri – con i quali eventualmente avremmo festeggiato – e mi vogliono bene… ma non ce la fanno ancora a parlarmi al femminile. E in ogni caso, ogni pranzo natalizio ha suoi protocolli, spesso per me indigesti. Quindi, in questo caso, ben venga l’isolamento.

Ed è stata una bella giornata, senza stress e senza fatica – sushi d’asporto e gastronomia – finché, complice un po’ d’ebrezza alcoolica e alimentare, durante una pausa del banchetto, un po’ per scherzo un po’ – tanto – per desiderio – lei oggi era bellissima! – ho detto a M. che stasera avremmo potuto “bruciare un po’ di calorie”.

Nessuna risposta verbale, ci hanno pensato corpo, viso e occhi.
Espressione fra lo schifo e il compatimento.
Forse avrei avuto più successo proponendole di tuffarci in una calda vasca di letame fresco.

Ingoiata anche questa, soffocando pianto e lacrime per non guastare la festa, rientro nei miei ranghi. Oltre a qualche bacio non posso andare, anche se negli ultimi giorni erano più morbidi, affettuosi. Mi sono illusa. Ho sbagliato!

A fine giornata non posso che essere contenta sia finita anche se so che fra un anno ci sarà un altro Natale.

***

Appena pubblicato questo articolo mi propone un altro brindisi, poi mi bacia, chiede un abbraccio, mi ribacia e mi saluta per la buonanotte.

Lo so, mi dovrei accontentare: sono molto fortunata ad averla ancora al mio fianco. È solo che ogni tanto sento il desiderio di stringerla, accarezzarla, coccolarla,… fare l’amore.

Non è un generico bisogno di sesso, è voglia di farlo con lei, solo con lei. Lei e solo lei risveglia i miei sensi. La amo, mi piace, mi attira… La TOS ha neutralizzato l’apparato genitale ma il cervello è ancora attivo! Che ci posso fare?

Le misure (non) sono importanti

Sono quasi alla fine del settimo mese di TOS. Gli effetti si iniziano a sentire e vedere. Almeno: io li sento e li vedo, anche se vorrei essere “di più” in certe zone e meno in altre.

Le misure, si dice in ambito sessuale, non sono importanti… ma anche sì!

La transizione non è una questione di sesso ma di genere, e anche se non è necessario sembrare una donna per esserlo, gli schemi della società contemporanea – tristemente patriarcale – sono intrinsecamente legati alle “curve” o alle “non curve” per identificare, dall’aspetto, il genere di una persona.

In ogni caso, la prima necessità che ho sentito, quando mi sono riconosciuta come donna, è stato proprio lo sviluppo del seno. Del mio seno, non per apparire ma per “essere”. Era una parte del mio corpo che mi mancava.

Vederlo crescere con la TOS, sentirlo più pieno, sodo, anche dolorante per la crescita della ghiandola mammaria – vivendo una nuova adolescenza al femminile – mi hanno resa felice, con quel filo di ansia da prestazione e con il metro da sarta spesso in mano per misurare le nuove circonferenze. 🤭

Passati i primi sei mesi il metro lo prendo in mano sempre più raramente, così i progressi sono più evidenti.

Il giroseno è cresciuto di 4 cm, raggiungendo una coppa B. Certo rimane importante il sottoseno – la struttura è quella che ho – e non è facile trovare un reggiseno confortevole che magari mi valorizzi un po’.

Il girovita invece è calato di 6 cm, anche se uscita dall’ospedale sono ringrassata un po’ – e rimane decisamente troppo largo – mentre fianchi, natiche e cosce sono rimasti sostanzialmente uguali in misura ma più arrotondati e definiti.

Io sono donna, mi sento donna, al di là del mio aspetto, ma piacermi di più allo specchio mi aiuta, così come sento la necessità di essere riconosciuta per quello che sono anche dal mondo esterno, anche da chi mi incontra per la prima volta.
Quindi sì, è (anche) una questione di misure.

Mentre stavo facendo il punto sui miei cambiamenti ho trovato un interessante documento: Standards of Care per la Salute di Persone Transessuali, Transgender e di Genere Non-Conforme, pubblicato da WPATH, «una guida clinica per gli specialisti nell’assistenza alle persone, con percorsi efficaci e sicuri per garantire loro il duraturo benessere personale nel genere prescelto e per accrescere lo stato di salute generale, psicologico e di realizzazione personale», dove vengono considerate anche le possibili controindicazioni mediche delle terapie, sia MtF che FtM.

Vi rimando alla lettura del documento, per approfondimenti, ma riporto qui una breve tabella sui cambiamenti attesi:

tab. b – effetti e cronologia attesa degli ormoni femminilizzanti(a) [p. 38]

Effetto Inizio atteso Effetti(b) Massimo Effetto atteso(b)
ridistribuzione del grasso corporeo 3-6 mesi 2-5 anni
diminuzione della massa muscolare/forza 1-2 anni(c)
assottigliamento della pelle/diminuzione
seborrea
3-6 mesi non noto
diminuzione della libido 1-3 mesi 1-2 anni
diminuzione delle erezioni spontanee 1-3 mesi 3-6 mesi
disfunzioni sessuali maschili variabile variabile
crescita del seno 3-6 mesi 2-3 anni
diminuzione del volume testicolare 3-6 mesi 2-3 anni
diminuzione della produzione di sperma variabile variabile
assottigliamento e crescita rallentata di peli
su viso e corpo
6-12 mesi > 3 anni(d)
calvizie tipica maschile non c’è ricrescita
la perdita di capelli cessa, si arresta in 1-2 anni
1-3 mesi

(a) Adattati con il permesso di Hembree et al. (2009). Copyright 2009, The Endocrine Society
(b) Queste stime rappresentano osservazioni cliniche pubblicate e non
(c) Dipendente in modo significativo dall’entità dell’attività fisica
(d) Per una completa rimozione dei peli corporei e facciali sono necessari trattamenti con elettrolisi, laser o entrambi.

Certificato psichiatrico

È pronto da quasi una settimana ma sono riuscita a ritirarlo solo oggi.

Dopo l’ultimo colloquio telefonico e il percorso percorso psicologico al CPS, sono finalmente certificata per disforia di genere senza altre patologie di tipo psicologico/psichiatrico e senza necessità di psicofarmaci.

Credo di aver già detto migliaia di volte che preferisco il termine incongruenza di genere… ma fino al gennaio 2022 non entrerà in vigore l’ICD-11 e secondo gli attuali DSM-V e ICD-10, seguendo i quali è stata stilata la mia diagnosi, la disforia di genere è ancora classificata fra le patologie. 😞

Certificato psichiatrico

In ogni caso, leggere un mio certificato redatto al femminile, beh lo sapete… mi commuovo facilmente!

Relazione psichiatrica

Mi hanno chiamata dal CPS: come promesso la relazione psichiatrica è pronta.

Solo che non posso uscire di casa, che M. Torna troppo tardi dal lavoro e che F. è incastrato a casa per la scuola fra Dad e studio per le interrogazioni di fine quadrimestre.

La pazienza è la virtù dei forti… e io sono così debole! 😞

Dimessa, torno a casa!

Anche la compagna di stanza ha parlato con me sempre al femminile e amabilmente – nonostante il mio aspetto orrendo, dopo quasi una settimana di ricovero.

Sto meglio ma non mi sono ancora ripresa, più che altro mi hanno fatta uscire (cit.) “prima che mi prendessi qualcos’altro in reparto” e – aggiungo io – per liberare letti, ché domani in Lombardia si riapre in zona gialla!
L’idea di uscire dalla dependance dell’Inferno, per quanto deluxe, mi è piaciuta subito.

Scopro a casa che anche sul foglio di dimissioni, ovviamente intestato anagraficamente, vengo citata al femminile!

Sarò fortunata – a parte la malattia, ma comunque sono uscita da là – però farsi conoscere, con pazienza – io ho continuato a parlare e rispondere esclusivamente al femminile per tutto il ricovero – senza imporsi e senza astio, sembra essere un buon metodo per farsi riconoscere e accettare.

Almeno con me ha funzionato.

Dependance deluxe (dell’Inferno)

Se prima ero parcheggiata nell’anticamera dell’Inferno ora sono nella sua dependance deluxe, non certo in Paradiso.

Ma sono in stanza da sola, letto comodo, finalmente. Almeno fino alle 3.30 stanotte ho dormito bene. La stanchezza è comunque tanta e, cessate le risate di ieri sera, grida e lamenti si sentono anche qui.

Perseverando con il femminile e anche grazie a una copia di una nota rivista femminile che M. – quanto mi manca! – mi ha fatto avere, insieme al cambio di biancheria e alla cpap, letta o appoggiata sempre con la copertina in bella vista, alla fine ce l’hanno fatta anche qui a chiamarmi “cara”.

In pomeriggio mi hanno spostata in camera con un’altra paziente. Yep!
Non sono contentissima di non essere più in stanza singola – che sono orsa l’ho mai detto? – ma lo sono perché se mi trasferiscono con una compagna di stanza vuol dire che sono considerata negativa al covid e, a tutti gli effetti, donna!

Sì, OK, potremmo invece essere entrambe positive e potrebbero avermi trasferita solo per necessità di letti… ma una volta tanto che sono ottimista, lasciatemelo essere!

Ricovero in osservazione

Nessun ricovero in reparto, per me, ieri sera. Nel frattempo sembrava anche quasi che mi dimettessero. Ma sono ancora qui.

Finalmente però stanotte ho dormito. Mi sono abituata alle luci, alle urla, ma ha contribuito soprattutto la stanchezza… a un certo punto mi sono sentita come della sabbia negli occhi e ho subito pensato all’Omino del sonno che, per mia fortuna, è arrivato ad aiutarmi. 😴

Al risveglio mi sento quasi bene. Riesco a camminare un po’ senza boccheggiare anche se dopo poco mi gira un po’ la testa. Ma sia glicemia che pressione sono ballerine, per non parlare dell’ossigeno, e non sono certo in forma.

A metà mattina il coatto viene finalmente ricoverato, come programmato, non ne sento proprio la mancanza!

La giornata passa lenta fra visite e prelievi, buchi e misurazioni. Il fatto che si rivolgano al femminile mi dà sollievo. Ho un po’ di freddo alle gambe ma rimango con la sola camicia da notte: anche le pazienti – in PS siamo quasi tutte donne e solo poche sono in grado di muoversi autonomamente – mi considerano una donna. E se l’abito fa la monaca, abito sia!

Prima di pranzo passa la dottoressa e mi dice, che visto sembro stare meglio, pensano di dimettermi e assegnarmi alle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale). Non posso che essere contenta di uscire da lì!

Nel primo pomeriggio però mi arriva un pesante attacco di tosse, con conseguente dolore al petto. Si forma nuovamente il vuoto intorno a me e per ore non si avvicinano più neanche medici e infermieri.

Dopo qualche ora viene a visitarmi una pneumologa. È piuttosto contrariata per il fatto che sia rimasta lì senza CPAP (che uso a casa di notte) né ossigeno, per tutto questo tempo.

Inizialmente temo ce l’abbia con me, per non aver portato la CPAP – io l’ho detto e ripetuto a ogni visita! – ma è molto gentile, attenta, premurosa, forse preoccupata e anche lei si rivolge a me al femminile. No, non è con me che ce l’ha…

La raggiunge una collega, si consultano, e dopo qualche altra domanda mi assicurano che entro sera verrò ricoverata in reparto. Grazie!!!

Verso sera mi portano nel reparto di osservazione, una zona “grigia” di convivenza fra positivi e negativi, rigorosamente separati di stanza fino alla certezza. Infatti sono sola in stanza, su un letto vero, mi sento quasi in vacanza… beh non esageriamo!

Contrariamente al PS, dove il sottofondo è di lamenti, urla e pianti per dolore o noia, qui il personale sembra allegro, scherzano e ridono in continuazione. Sottofondo molto più piacevole. Immagino sia per sopravvivenza. E, forse, per alzare il morale.

Unico neo, continuano a rivolgersi al maschile e/o per nome anagrafico, dal dottore che mi ha visitata all’arrivo a tutte le infermiere, nonostante l’ennesima ripetizione del mantra su disforia di genere e TOS femminilizzante, e che io insista a parlare al femminile.

In PS ero riconosciuta come donna, dal personale ma anche dalle pazienti più anziane. Ce la farò anche qui, spero.

Stasera, nel frattempo, ignoro i pronomi e mi godo il letto!