Chiedo scusa a chi mi vissuta, ieri e oggi, fuori e dentro queste pagine, ma questo titolo sta diventando un mantra. E una cara amica mi disse che farà parte di tutto il mio percorso: non è una bella prospettiva.
Ieri sono esplosa: io odio il Natale; mi è arrivato il “ciclo”, per quanto ovviamente psicosomatico – per natura, e per l’età dovrei nel caso essere in menopausa anche se, di fatto, come donna sono in piena adolescenza, e quasi puntualmente, ogni quattro settimane sono nervosa e poi arrivano crampi all’addome; e credo di essere arrivata alla rottura definitiva(?) dell’amicizia più importante della mia vita.
Da tempo ci becchiamo. Per quanto lui sappia da anni di quello che sento, da quando ho iniziato ufficialmente la transizione percepisco sempre più ostilità. Magari sono solo io a fraintendere, ma… (mi disse un’amica, con cui sono stata – da ragazzo – brevemente fidanzata: “chi dice ‘ma’, cuor contento non ha”).
Non posso, e soprattutto non voglio scendere nei dettagli dei motivi di scontro, troppo personali e delicati. Per questo mi assumo la piena responsabilità del mio “non essere disponibile” a capire che “lui è lo stesso” – cosa che secondo lui io non accetto – e che “io sono cambiata”. In realtà non credo di essere “cambiata” ma solo di essermi scoperta e dichiarata. Capisco, però, possa essere – e sicuramente è – percepito come cambiamento. Di certo lui è ovviamente lo stesso, non credo sia necessario accettare un dato di fatto.
L’inizio degli ultimi battibecchi parte da una battuta che ho ritenuto sessista, spiegandogli il mio disagio, come donna. Gliene ho fatte notare tante anche in passato, da uomo, ingoiandone tante altre, in particolare quelle di “gruppo”. Ora, evidentemente, sono diventata più rompicoglioni. Ma se il “problema” è la (non) accettazione di certo linguaggio allora forse non è amicizia ma cameratismo.
Pochi giorni fa cercò di spiegarmi il suo dolore per aver perso il suo “amico” e di voler conoscere la nuova “amica”. Gli risposi che io sono sempre la stessa persona, nonostante il nome e i pronomi, felice dell’apertura.
Subito dopo spuntano i suoi “paletti”, non meglio specificati, che io dovrei rispettare(?). Certamente ho piantato anch’io molti paletti. Alcuni li ho solo raddrizzati, sicuramente ne ho messi più di quelli di cui mi rendo conto. Forse mi sento scusata dalla sofferenza del mio percorso, e non dovrei! Continuo a scusarmi. Forse anche troppo.
Alla fine mi dice che non capisco un cazzo (sic!). E chiude con uno “stai come puoi”. Credo di non aver mai sentito un commiato peggiore.
So di essere fallace, umorale, nervosa… a volte – spesso direi! – credo di essere proprio sbagliata… ma non ho mai sopportato le persone che credono di avere sempre ragione. Mai!