Burocrazia

Oggi dovrei riposare. Invece no!

Non è per il riposo, in sé, né per quella lunga attesa e altrettanto lunga discussione con l’addetto allo sportello.

Dopo trent’anni scopro che un’utenza di dove abitavo ancora è ancora intestata a me. Lo scopro grazie a una diffida a saldare una bolletta non pagata ricevuta via PEC, e scopro che l’attuale intestataria ha firmato, più volte, vocalmente, contratti a mio nome, nel così detto “mercato libero” (libero di fare queste cose?), senza chiedere uno straccio di documento e senza neanche verificare la residenza.

Non è il tempo, non è il riposo, ché anche l’altro ieri sera ho buttato via un’altra ora per iniziare a capire cosa succedeva a uno sportello periferico che mi ha spiegato la situazione ma non poteva agire, per non parlare dello stress di tutta la scorsa giornata – quella già più pesante nella settimana lavorativa.

È che, anche nel giorno del mio riposo, mi sono dovuta proporre al maschile, perché ovviamente quel contatore di trenta anni fa non può essere intestato alla persona che sono e che, per la burocrazia, se va bene, sarò – anagraficamente – fra qualche anno.

Certo essere maschio-contro-maschio in alcune situazioni può essere un vantaggio, specie quando cercano di darti a bere che essendo il contatore intestato a me il contratto con un’altra società, nel mercato libero, è perfettamente valido, anche se firmato illegalmente e senza alcuna verifica documentale, da una donna che non ha nessun legame né legale né parenterale con me.

Ma sono stufa di (dovere) essere “maschio”, non ce la faccio. Forse non sono una femmina, in senso stretto, genetico, ma sono una donna. E voglio esserlo. Per tutto il mondo!