Primo incontro psicologico

La dottoressa mi piace (sì è anche una bella donna, ma intendo “professionalmente”!!!) e appena si è accorta che parlo di me al femminile (1-2 minuti, forse meno) mi ha chiesto conferma, si è scusata e si è adeguata.

C’è stata una piccola discussione sull’interpretazione di Identità di genere e l’essere Transessuale/Transgender
Però non credo sia specializzata sull’argomento. E io forse sono un po’ complicata come primo caso, o almeno credo, essendo Transgender e Lesbica che ama e vive con una donna etero e due figli.

È il primo incontro, ce ne saranno almeno altri due, e quindi c’è tempo per conoscerci o, meglio, perché lei mi conosca meglio. Prossimo appuntamento al 9 maggio (W l’Europa!).

Già che ci sono, cito un brano da Sconvolti che uso sempre per chiarire e chiarirmi le idee a proposito. Non sono d’accordo sulla distinzione così netta (troppo medicale?) fra Transgender e Disforia di genere o Transessualità, anche perché io mi sento a metà strada.

«Quando si parla di identità sessuale bisogna tenere presente che è costituita da quattro distinte componenti: il sesso biologico, l’identità di genere, il ruolo di genere e l’orientamento sessuale.
Per sesso biologico s’intende l’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile che è determinata dai cromosomi sessuali.
Il ruolo di genere invece rappresenta ciò che una persona dice o fa per indicare a sé e agli altri il suo grado di mascolinità o femminilità, ed è quindi l’espressione esteriore dell’identità di genere (…).
L’orientamento sessuale significa rivolgere le relazioni sessuali-affettive e non è vincolato all’identità di genere.
L’identità di genere indica il persistente senso di sé come maschio o come femmina, è la percezione della proprio femminilità o mascolinità, e sembra essere una caratteristica stabile della personalità, (…) rappresenta chi siamo, si riferisce al rapporto con se stessi.
(…)
Le identità di genere e le espressioni ad esse collegate sono molteplici: gender non conforming, transgender, transessuale. In generale si usa l’espressione “non conformità di genere” per riferirsi a tutte le persone che vivono un’identità di genere o un ruolo di genere la cui espressione risulta diversa rispetto a quanto atteso delle norme e aspettative sociali e culturali. Ad esempio vivere aderendo ai codici del genere opposto rispetto a quello assegnato alla nascita, ossia assumendone completamente o in parte comportamenti, l’abbigliamento e il ruolo sociale.
La persona transgender presenta invece un’identità di genere non in linea con il sesso sviluppato alla nascita, ed esprime quindi un ruolo di genere non congruente rispetto al ruolo di genere tradizionalmente legato al sesso biologico.
Si parla di disforia di genere o transessualismo quando esiste una discrepanza tra il sesso biologico della persona e l’identità di genere a cui la persona sente di appartenere. Questa situazione genera un malessere molto profondo, acuito dal peso della discriminazione sociale. Di fronte a questo sentire, spesso la persona prova da subito il bisogno di iniziare un percorso psicologico e per alcuni diviene fondamentale intraprendere anche un percorso medico-legale che converte aspetto esteriore e dati anagrafici al genere sessuale sentito come proprio.»

Chiara Dalle Luche, Gender non conforming – Transgender – Transessuale,
in Sconvolti, con Roberta Rosin, ed. Alpes Italia, Roma 2017, pp. 13-15.

Prima visita (psichiatrica)

Prima visita, psichiatrica, per l’accesso all’assistenza psicologica. Non era per niente esperto di transizione e disforia di genere ma è stato attento, gentile e, al contrario dell’infermiera (per altro anche più gentile), si rivolgeva a me al femminile.

Pare che non sia “matta” (sono stata brava, eh! 😉) e posso usufruire del servizio psicologico del CPS, tramite SSN.

In attesa della prima seduta!