Topped

Siamo tornate al lago, sempre al lido di Maccagno, solo che oggi ero truccata meglio – mascara più marcato e il mio rossetto preferito su una rasatura perfetta – ma soprattutto ho indossato il pezzo sopra del costume.

Un attimo di esitazione quando ho tolto la maglietta ma poi mi sono sentita più a mio agio. Ed è stato bello leggere, prendere il sole ed entrare in acqua così.
Paura? La solita, quella di essere criticata, insultata, aggredita. Niente di tutto questo!

Un po’ di timore l’ho avuto quando di fianco a noi si sono piazzati tre ragazzi italiani… ma assolutamente nessun problema!

Per il resto, come già detto, erano quasi tutti turisti esteri – Germania, Paesi Bassi e altre lingue germaniche o slave – che mi hanno ignorata o accettata come parte del paesaggio, al pari delle anatre e dei cigni che pascolavano fra noi.

Un paio di occhiatacce, ma senza commenti, da un nonno italiano con nipotino. Tornando alla macchina altre due ragazzine, sempre italiane, si sono ripetutamente girate a guardarmi ma, alla loro età, credo ci stia benissimo la curiosità e la voglia di capire.

È stata una giornata bellissima e ho anche fatto molto allenamento alle gambe – non nuoto ma cammino in acqua per rinforzare le ginocchia – …non fosse che forse avrei dovuto mettere più crema solare e ora mi trovo due triangoli bianchi, con due linee verso il collo, su fondo rosso-peperone. E brucia!

Top-less (boob-less)

Io e M. siamo andate al lago e si è presentato il problema di tante – e tanti – come me, su come e quanto spogliarsi.

Per il pezzo sotto, in spiaggia, uso da tempo i boxer larghi stile surf. Per il sopra inizialmente ho tenuto la maglietta – di quelle sportive che si asciugano velocemente – con il reggiseno. Inizialmente ero indecisa se togliere la maglietta e restare in reggiseno: bianco, liscio, leggermente imbottito, poteva sembrare un costume.

Poi non me la sono sentita di togliere la maglietta, l’ho arrotolata e sono entrata in acqua così, salvo bagnarmela quasi subito e quindi mi sono tolta sia la maglietta che il reggiseno, che nel frattempo era fradicio. Sono rimasta in top-less, non che ci sia così tanto da vedere ma nel frattempo se l’obiettivo era rimanere nascosta alla fine nello svestirmi il reggiseno si è visto chiaramente! Per fortuna nessuno ha avuto da ridire, credo fossero tutti tedeschi o olandesi – come in genere è al lido di Maccagno in questo periodo, salvo due giovani ragazze italiane e noi.

Ma perché, da quando mi presento come donna anche per il mondo esterno, mi sento in imbarazzo a mostrare il mio piccolo seno?

La prossima volta chiederò in prestito un top a mia moglie. Poi chissà, magari ne acquisterò uno… chissà se esistono i costumi da bagno interi con il tucking?

Coming out II – il figlio grande

Oggi è tornato dall’Inghilterra il mio figlio maggiore, T., e finalmente ho potuto dirlo anche a lui.

Gli ho spiegato che avrei preferito dirlo a tutt’e due insieme ma che per questioni logistiche e temporali ho preferito anticiparlo al fratello.

Mi ha risposto che l’aveva capito da tempo, che aveva già parlato con la fidanzata della sensazione, e che è molto contento che abbia voluto dirglielo.

Più facile di così!!!

Confido che si parlino fra fratelli come non faranno mai con me. E che ogni eventuale sofferenza possa essere alleviata.

Colloquio di lavoro

Oggi ho fatto un colloquio di lavoro, una vera rarità. Sono disoccupata da troppo tempo e ho decisamente bisogno di un lavoro, non solo per i soldi.

Però ne ho talmente bisogno che oggi mi sono negata. Non sono andata io al colloquio ma l’uomo che la gente vede, quello dei documenti.

Non mi sono truccata, ho indossato i jeans neutri, la mia polo d’ordinanza – una di quelle che mia madre mi regalava al compleanno –, scarpe da tennis e ovviamente mi sono presentata al maschile, anche se dalla mia borsa non mi separo: almeno a quella non potevo rinunciare… e no, non è molto maschile, come la mia coda bionda.

Mi sentivo a disagio, male, per il mentire o, meglio, per il negarmi ma, ripeto: ho bisogno di un lavoro e, in famiglia, abbiamo bisogno di soldi.

Mi è venuto un po’ da ridere – con ribollire dell’anima femminista – quando l’intervistatore, che poi sarebbe il mio collega e capo, ha detto che preferirebbe avere un uomo per quel lavoro anche se storicamente sono stati in coppia uomo-donna per quella posizione.

Non voglio dire di che lavoro si tratti, posso solo dire che è un lavoro poco apprezzato e che storicamente ci sono state varie aggressioni alle “colleghe” dai più macho.

Al di là di quello, devo dire che ha molto apprezzato il mio curriculum molto orizzontale e molto adatto, pare, a quell’attività. E che terza, in una rosa di quattro, pare sia la sua candidata preferita. Ops: il suo candidato preferito, vabbe’…

Per il momento incrocio le dita, poi sia quel che sia… prima o poi farò coming out anche con loro, se mi assumono.

Ho fatto coming out con mio figlio

È arrivato il giorno, non potevo aspettare oltre! Certo avrei voluto aspettare anche il fratellone, per dirglielo insieme, ma vive a Londra, e verrà a trovarci, forse, a fine mese.

Ho aspettato – abbiamo aspettato – che M. iniziasse le ferie, in accordo con lei – e con l’approvazione della psicologa – per poter dare a F. (quasi maggiorenne) il miglior supporto possibile e una presenza più continua.

Avrei voluto a dirlo a T. – il fratellone – già da tempo, ma mi sembrava sbagliatissimo investirlo di un tale segreto finché non l’avessi detto io a F. Ora si è verificato l’esatto contrario, ma F. ha luce verde per parlane con suo fratello se ne sente il bisogno, anche se preferirei dirglielo io.

“C’è una cosa che devo dirti, che dobbiamo dirti. Non riguarda te, ma me. Non so se tu abbia notato qualcosa ultimamente. (…) Ci sono persone che, come me, sono nate maschi ma sono donne, e viceversa. (…) A me sono sempre piaciute le donne e forse per questo ne ho preso coscienza tardi. (…) Ma da un po’ non riesco più a nasconderlo, a vivere recitando, mentendo al mondo come uomo. (…) Io amo sempre la mamma e mi piace sempre, e anche lei mi ama, anche se le piacciono gli uomini. (…) E ora ho iniziato anche un percorso clinico, in fase di accertamento, per l’adeguamento di genere…”.

Non si è arrabbiato.
Non ha urlato.
Non è scappato!
Ha iniziato a lacrimare.

Fa male veder piangere tuo figlio, ma in questo caso credo che il pianto sia positivo, liberatorio – qualcuno dice “anestetizzante”.

“È dura sentirlo”… “Segnali c’erano”… “È difficile”… “Non è una cosa che si sente tutti i giorni, in questo mondo”… Queste e poche altre le sue parole, molte di più le lacrime.

“È dura per tutti, per te, per me, per papà”, risponde M.
“È difficile per te, e anche per noi”, rispondiamo insieme, io e M.
“Non si sente tutti i giorni ma capita molto più spesso di quello che sappiamo. E molti lo nascondo, lo negano, e soffrono”, aggiungo io.
“Per qualsiasi domanda, dubbio, chiarimento noi siamo qui”.

“Preferirei dirlo io alle persone che conosciamo insieme, ma sentiti libero di parlarne con i tuoi amici e le tue amiche se ne senti il bisogno, e con chi vuoi. Io cercherò di vivere ancora come adesso, senza sbandierarlo né certamente urlare al megafono chi sono. Sarà una cosa fra di noi, fra chi vogliamo, almeno finché non avrò risposte certe dal Niguarda”.

“Ho molti libri – bleah! – e video/film – yeah! – sull’argomento e sono tutti disponibili, se vuoi!”.

Ora è di là, in camera sua, alla PS, come sempre. Solo che si soffia il naso frequentemente. Ci vorrà tempo per metabolizzare.