Teleconsulto, 10+

Oggi ho avuto un teleconsulto di controllo. Pre-covid era una visita annuale, dopo un iniziale rinvio di circa sei mesi hanno iniziato a seguirmi con questa formula.

Devo raccogliere referti e risultati della diagnostica e delle analisi richieste e inviarle via e-mail entro una certa data. Dopo la verifica dei documenti inviati mi richiamano per un colloquio telefonico.

Quest’anno ho aggiunto un prologo in cui li informavo della mia incongruenza di genere, con la speranza si potessero riferire a me al femminile.

Il voto nel titolo non è per me, che sono comunque stata promossa anche se con la condizionale, ma per la dottoressa che mi ha chiamata per il teleconsulto: da subito si è rivolta a me come “signora”, sempre al femminile, e assolutamente nessun problema su argomento TOS e antiandrogeni, che sono stati comunque valutati all’interno della visita telefonica.

— Vedo però che è attenta e si prende cura di sé. Certo il peso, però…
— Eh lo so, lo so! Dovrei dimagrire un bel po’, però sono stata anche brava: ho comunque mantenuto il peso che avevo, nonostante abbia iniziato la TOS e diminuito l’attività fisica per i dolori e il fiato.
— Uhm, sì. Va bene…

Seguono una lunga serie di raccomandazioni e prescrizioni che devo passare a ritirare in ospedale – Ma come? Mi visitate per telefono per non farmi venire lì e poi devo passare a ritirare referto e ricette? Vabbe’.

In ogni caso torno a dare una valutazione molto positiva – dopo l’ultima esperienza, così così, in pronto soccorso – delle strutture sanitarie pubbliche della mia zona, per il rispetto del mio genere, incongruente con quello assegnato alla nascita e scritto sul tesserino sanitario e sulle carte.

Fra pochi giorni ho la nuova udienza in tribunale… chissà se per la prossima visita avrò i miei documenti?

Perplessità trans-escludenti… in casa 😲

Fra le chiacchiere della cena, parliamo di varie e di sport. Sull’argomento cito Valentina Petrillo che potrebbe essere la prima atleta paralimpica italiana transgender a partecipare alle olimpiadi.

M. non è d’accordo, per lei rimane comunque un vantaggio dalla fisicità originale del corpo maschile. Inutile spiegare il limite, individuato dalla Federazione, di 5 nanomoli/litro di testosterone per il riconoscimento come atleta “donna”.

Dallo sport scivoliamo nella vita reale, e mi propone il caso in cui una persona – di sesso maschile – si dichiari donna in carcere, per essere internata nel reparto femminile ma… Non mi ricordo se abbia finito la frase, l’ho interrotta bruscamente perché è un grande classico TERF – o gender-critical, che dir si voglia – che prevede che l’autodeterminazione sia solo volta a violentare le altre detenute.

L’altro classicone è l’uomo che si dichiara donna per entrare nei bagni femminili e violentare le presenti. Come se gli uomini – certi uomini – avessero bisogno di tali espedienti per i loro crimini sessuali.

Le ho chiesto dove avesse letto tali castronerie ma, quasi offesa, risponde che non l’ha letto – né sentito, dice – da nessuna parte.
Ma la frase era proprio fotocopiata, parola per parola, da alcune argomentazioni che ho avuto la sgradevole occasione di leggere.

Non insisto, cambio argomento: lo scontro è troppo netto. Lei non è così, lo so. Vive con me. Eppure… 🤔

Un breve riflessione a conclusione: la terapia ormonale per le donne trans* prevede anche la somministrazione di anti-androgeni che, in congiunzione con gli estrogeni, di fatto provoca una castrazione chimica. Se regolarmente assunta, l’ipotesi di violenza carnale diventa decisamente improbabile.
Ma davvero pensate che il primo pensiero di una donna trans* sia quello di ottenere un’erezione per violentare la prima che passa?

Certo negli esempi del carcere e del bagno pubblico si considera la figura di un predatore sessuale ma quando io ho avuto dei risvegli mattutini, in seguito a un cambio di terapia, mi sono sentita malissimo e sono tornata velocemente al farmaco precedente!
E – maschietti non leggete oltre! – francamente non vedo l’ora che il problema venga sistemato ✂️ in modo definitivo.