Nuova udienza ancora in collegamento remoto!

Squilla il telefono: è l’avvocato, penso vorrà aggiornarmi sulla prossima udienza.

Invece mi chiama per dirmi che ha ricevuto il provvedimento della giudice: anche questa udienza sarà in remoto.

Innanzitutto sono delusa perché non vedevo l’ora di incontrarlo dal vivo e ci tenevo ad abbracciarlo, una volta usciti dal tribunale, e finito il rapporto avvocato-cliente, visto che è anche un noto attivista a cui sono molto affezionata.

Poi già alla prima udienza avevo avuto brutte sensazioni: se la giudice non vuole vedermi dal vivo quale può essere il significato?

E infatti aveva già deciso di richiedere una nuova perizia psichiatrica, prima ancora di incontrarmi, vedermi dal vivo, valutarmi, ascoltarmi.

Lo sapete, sono pessimista: per come è andata la prima… avrà già deciso anche questa volta? Promossa o bocciata?

Andrò a bere tutto!

In genere, nonostante il pessimismo cronico, non sono ansiosa ma ora l’ansia cresce! Dài, manca poco. Positiva, devi essere positiva. Andrà tutto bene!
O andrò a bere tutto?!

Prima udienza in tribunale

Oggi è il giorno. Atteso a lungo, finalmente è arrivato.

Mi sono alzata presto, ben prima che suonasse la sveglia, volevo prepararmi, essere bella, e ce ne vuole! Ma non riuscirò a ripetere il risultato dell’altro giorno. Forse sono troppo agitata, forse l’idea di essere filtrata da una webcam diminuisce l’impegno, e la mie capacità di makeup sono scarse.

Udienza alle 9.30, collegamento previsto, d’accordo con l’avvocato, dalle 9.15. Poco dopo le 9 provo ad aprire il link. Rimango in attesa.

Dopo un quarto d’ora provo a contattare l’avvocato; neanche lui riesce a collegarsi, parla con la cancelleria, contatta la giudice.

A un certo punto mi riferisce che lui riesce a entrare nella stanza, dopo aver reinstallato Teams su un vecchio PC. Io continuo a tentare ma non riesco ancora. Provo a installare la app sul telefono, sperando che regga.

Alla fine riesco a collegarmi, almeno per qualche minuto di presenza: il problema era che via PC – Windows 10 – per accedere a Teams devo usare un account, ma per accedere alla stanza – per come allestita – dovevo essere un’utente ospite, anonima.

Mi rimane qualche perplessità a riguardo, anche perché, a un certo punto, è apparsa in udienza un’altra avvocata che non c’entrava assolutamente niente… alla faccia della mia privacy. Ok, un’udienza è sempre un atto pubblico, ma se è a porte chiuse le porte devo essere chiuse, anche quelle virtuali.

L’importante comunque è che sia riuscita a collegarmi e che l’avvocato fosse riuscito a farlo da prima.

I miei timori erano fondati e la richiesta di CTU è stata avanzata dalla giudice, con opportuna opposizione del mio avvocato che, grazie alla sua bravura ed esperienza, è riuscito a far ritirare la richiesta.

Una volta collegata, la giudice mi ha chiesto se volevo rilasciare una dichiarazione. L’avvocato mi aveva raccomandato di arrivare rilassata, ma dopo tutto lo stress accumulato per cercare di collegarmi ero agitatissima.

Lì per lì non mi veniva niente, francamente speravo in una domanda a cui rispondere… Mi chiede se confermo quanto riferito dall’avvocato e sì, credo che abbia fornito una descrizione molto accurata della mia situazione, nella sua relazione.

Aggiungo che so di essere in età avanzata, che questo potrà comportare problemi per la fase chirurgica, ma che troppo tardi ho scoperto che orientamento sessuale e identità di genere sono caratteristiche ben distinte e che potevo essere donna e lesbica pur essendo nata maschio, prendendo finalmente coscienza di me quando ormai avevo circa quarant’anni.
Poi ho atteso, per amore dei miei figli, che raggiungessero un’età abbastanza adulta prima comunicargli la mia volontà, la mia necessità di adeguamento all’identità di genere. E che comunque sono ormai decisa e determinata a proseguire il mio percorso, per completarlo e vivere finalmente come donna a tutti gli effetti.

Ascoltate le mie parole la giudice ha fissato un’udienza conclusiva (spero di aver capito bene il termine, perché “conclusiva” mi piace) per fine settembre.

Dovrò però presentare, per quella data, una nuova relazione psichiatrica, rilasciata da autorità pubblica o convenzionata e accreditata, in cui risulti che oltre alla disforia e all’esclusione di altre patologie psichiatriche, sia accertato che la mia volontà è determinata e irrevocabile.

A poco è servita la replica del mio avvocato, che non sono esattamente una ragazzina e che alla mia età le cose sono in grado di ponderare con maturità e consapevolezza. Ma almeno un riconoscimento, da parte della giudice, della mia maturità e della ponderatezza della decisione dovrebbero essere finite a verbale.

Chiusa la video-chiamata ho parlato telefonicamente con l’avvocato per circa mezz’ora sull’andamento dell’udienza e sulle cose da fare.

Poi, come un palloncino che ha perso il legaccio, mi sono sgonfiata velocemente – ma senza pernacchie – e afflosciata, vuota.

Sono rimasta priva di energie fino a sera, pur essendomi concessa una pennica post-prandiale.

Devo ringraziare il laboratorio di Rete Donne Transfemminista, questa sera con tema “Questione di potere – cultura dello stupro e consenso” alla quale ho voluto partecipare nonostante la stanchezza e l’assenza totale di forze fisiche e psichiche.

E ho fatto bene, perché invece di addormentarmi sulla tastiera mi sono ricaricata e, come ho commentato, nel pour parler successivo all’incontro, “mi hanno ricaricato l’anima”.

Trovo talmente utili e costruttivi questi incontri di formazione che voglio condividere con voi il calendario dei laboratori e la possibilità di rivedere tutti gli incontri che si sono già tenuti, dal loro canale youtube.

Tornando all’udienza, non è andata male e non è andata bene.

Ora serve un rinnovato impegno e avrò bisogno di tutto il vostro sostegno… che sono già sicura di avere.

Vi voglio bene, e la vostra vicinanza l’ho sentita, la sento. Grazie! ❤

Tutto per niente?

New look estate 2021Per niente no: stamattina è stata una delle poche volte in cui sono riuscita a guardarmi allo specchio e, quasi, piacermi. In genere il mio specchio è abitato da un alieno. Motivo per cui odio essere fotografata, perché viene sempre fuori lui, l’alieno. Non io.
Ma stamattina sono riuscita anche a farmi un selfie, nonostante il mio antiquato cellulare, in cui, con un piccolo ritocco alla luminosità e nonostante la pappagorgia, mi sono vista non dico bella ma quasi carina.

Anzi no: per l’età che ho direi che almeno carina lo sono.
E grazie ai vostri gentilissimi commenti, suggerimenti e like sui social la mia autostima è cresciuta un zic, un bel zic!*

Però…
Eh, a questo punto, non ve lo aspettavate un “però”?
Già!

Però, stasera, dopo cena, mentre stavo finalmente infilando la collana che indosserò (o avrei dovuto indossare) mi è arrivata notizia dall’avvocato che l’udienza, per emergenza covid, si terrà in modalità remota, tramite Windows Teams.

Non me ne voglia Bill ma odio Microsoft, odio Windows e odio anche di più Teams – sia chiaro: non dipende dal 5G dei vaccini, non è istigazione all’odio né softwarefobia ma una mia personale opinione che nasce dal mio profondo amore per Linux e per l’open source. L’affetto che ho per voi non cambia se usate o meno M$Win… ma ricordatevi del mio sorrisetto in foto – che noto ora – quando vi si incarterà il PC sul più bello. 🤭

In ogni caso, in previsione dell’udienza ho comperato gonna, scarpe, calze; sto cercando un makeup che non mi faccia sembrare un mostro; mi sono tagliata i capelli e… mo’ dovrò mostrarmi solo dietro al PC?

Che magari mi bastavano solo un paio di filtri per Teams?
Bill, scusa, ci sono i filtri, vero? Sai prima scherzavo!

Sapete, inizialmente speravo che, per la pandemia, si potesse risolvere tutto in remoto. Odiavo l’idea di dovermi mostrare, far vedere – e giudicare – quanto sia donna agli occhi altrui: io di dubbi non ne ho! Odiavo comunque l’idea di doverlo dimostrare, magari in una sfilata di stereotipi di genere in cui molte donne – me compresa – non sempre si riconoscono.

Ora mi sono preparata, ho fatto acquisti, ho sperimentato e… sì, ok, potrò utilizzare tutto in altre occasioni – l’avrei comunque fatto, mica mi posso permettere di comprare vestiti per un solo evento – ma magari sarei riuscita a pagare qualche bolletta in più.

Però, dài: ora la mia autostima non si nasconde più, strisciando, e inizia a farsi i muscoli… occhio eh!


Zic: espressione dialettale milanese per esprimere una modica quantità, es. “Giusto un zic, un cicinìn”.

Udienza fissata e confermata

Settimana scorsa sono arrivate le notifiche di citazione a mia moglie e ai miei figli.

Oggi invece è arrivata, dall’avvocato, la conferma della data della mia udienza per la riassegnazione anagrafica e chirurgica del sesso.
Designazione giudice e fissazione prima udienza
La data non la dico ancora, per scaramanzia: sono troppi i motivi di rinvio senza considerare il covid…
Ma non manca tanto e sono già in agitazione!

Il primo pensiero è stato riguardo l’organizzazione della giornata, il secondo: “oddio, come mi vesto?!”.

E come mi potrò rivolgere alla giudice, sempre che possa rivolgermi? Come dovrò chiamarla? C’è tempo per essere istruita dal mio bravissimo avvocato… ma voglio essere perfetta: non posso sbagliare!

Scopro che in aula potrò entrare solo io, con l’avvocato. Contavo molto di avere il sostegno morale (fisico e visivo) di M. e, potendo, dei figli. Potrebbero sì entrare ma solo se patrocinati da un legale.

Mi sorge ora il dubbio riguardo la conversione del matrimonio in unione civile… se lei non c’è, verrà celebrata un’unione per procura, come si faceva per i matrimoni negli anni ’50?

Boh!? È un dubbio da sciogliere.

Inizia l’era legale!

No, non è un refuso… anche perché per l’ora legale manca ancora più di un mese.

Con oggi, finita la parte “burocratica” – o meglio la prima parte burocratica – inizia inizia l’iter legale per ottenere il mio diritto alla riassegnazione anagrafica e chirurgica. Diritto per il quale – come già detto – devo litigare con lo Stato perché venga riconosciuto.

Finita la raccolta dei documenti, domattina partiranno le notifiche alle parti interessate – moglie e figli – aprendo formalmente la procedura che mi porterà all’udienza in tribunale.

Speriamo non si tratti di un’era in senso letterale.

Gratuito patrocinio ✌️ – piccolo bilancio di fine anno

Anno pessimo… ma qualcosa di positivo c’è stato.

Innanzi tutto il nulla osta per la TOS e, per quanto in ritardo, l’inizio della terapia e dei suoi effetti.

I coming out lavorativi e con gli ultimi amici ed ex colleghi, tutti positivi.
La relazione psicologica e l’inizio dell’iter legale.

La decisione di M., dopo una prima ipotesi di scioglimento del matrimonio, di convertirlo in unione civile – anche se ultimamente sento un raffreddamento nel nostro rapporto e non sono così sicura della scelta finale che dovrà avvenire fra poco, dopo la relazione endocrinologica, alla presentazione dell’istanza.

Proprio stasera, ho avuto la notizia dal mio avvocato che è stata accettata la richiesta di gratuito patrocinio. Un ottimo modo per concludere un anno decisamente pessimo, sotto molti punti di vista.

Almeno non dovrò pagare – non potrei! – per litigare con lo Stato per ottenere quello che è un mio diritto, riconosciuto da una Sua legge, la n. 164 del 14 aprile 1982 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso – G.U. Serie Generale n.106 del 19-04-1982).

Invece di usare il solito francesismo per salutare l’anno che sta finendo, visto che stanotte si conclude anche la Brexit, userò un anglicismo, anche per salutare gli ex-comunitari:

🖕FUCK 2020!🖕