Tirando le fila

Da vicino nessunə è normale
Franco Basaglia
Caetano Veloso*

Venerdì scorso, l’11, iniziato da poco il turno di lavoro, mi richiama il CPS di Laveno. La visita psichiatrica è fissata per il 20 luglio.
Quello che ne seguirà non lo so, non me lo dicono, l’infermiera parla solo di visita. Il tono di voce non mi infonde molte speranze, ma il mio telefono è vecchio, fa caldo, sono sotto al sole. Chi mi chiama ha, probabilmente, anche più diritto di me di essere stanca.

Ieri, martedì 15, mi richiama, come promesso, il CPS di Azzate. Sentito lo psichiatra, mi confermano che per competenza “territoriale” devo forzatamente rivolgermi al cps di Laveno, che ha dichiarato di non avere “competenza” per fornire la documentazione richiesta dal Tribunale. Ma che, nel frattempo, mi ha comunque fissato una visita-colloquio psichiatrico.
L’infermiera di Azzate mi dà il nome del Primario di Psichiatria, da contattare in caso Laveno non riesca a risolvere la richiesta del Tribunale. Però non mi sa dare contatti né sa dirmi in quale struttura svolga la funzione di primario.

Oggi ricevo una risposta dal servizio psicologico del Centro di Niguarda. Mi fanno notare, come più volte ho evidenziato, sin dalla prima telefonata, che il tribunale richiede documentazione psichiatrica. Mi invitano quindi a rivolgermi allo psichiatra del centro. Eh, già: come ho fatto a non pensarci? Rimedierò domani!

Ma ringrazio, davvero: non sono sarcastica! Ho bisogno di tutto l’aiuto che volete o potete darmi.

Vi confesso però che sono vicina alla disperazione. Vicina a credere di essere matta. Davvero. State iniziando a convincermi di essere un caso psichiatrico!

Perché, se quando sono così vicina a sentirmi, finalmente, me stessa, riconosciuta non solo da parenti, amiche, amici, colleghə, lo Stato decide che qualcunə debba nuovamente strizzarmi il cervello per descrivere quello che pensa di me, allora, forse, sono davvero matta!

Ma attenzione: non è che poi, se io sono matta e mi avete creduta, lo siete un po’ anche voi che mi avete accettata, accolta, amata per quel che sono?
Chiedo per un’amica! 🤭

***

Riflettendo: è una formalità, o una questione di qualità?
E io sto bene? Io sto male?

Importa?

 


* “Da vicino nessuno è normale”, in portoghese “De perto, ninguem é normal”, deriva da un verso di Vaca profana, di Caetano Veloso. Cfr. http://www.news-forumsalutementale.it/cosa-non-ha-detto-franco-basaglia/

Qualcosa si muove

Basta piangere. È ora di agire. E di risolvere.

Appena sveglia cerco i contatti e provo a chiamare i CPS di Azzate – su consiglio di un un caro amico a cui hanno rilasciato certificazione che, nel suo caso, è stata accettata dal Tribunale – e di Varese – se Laveno non ha competenze, anche perché sotto-organico, essendo capoluogo ha più probabilità di potermi aiutare.

Come mi aspettavo i telefoni squillano a lungo, a vuoto od occupato.
Nel frattempo ne approfitto per scrivere direttamente al dr. Bini, come mi ha suggerito ieri la segreteria del centro di Niguarda.

Il responsabile del servizio per l’adeguamento delle identità di genere – nonché del Centro per la Fertilità e Sterilità – mi risponde poco dopo, informandomi di aver inoltrato la richiesta a chi di dovere. Non so a chi ma vedrò come procede, quando mi ricontatteranno.

Poco dopo finalmente si libera la linea di Azzate e riesco a parlare con un’infermiera. Le spiego la mia situazione e il mio problema. So che i CPS sono suddivisi per competenza territoriale ma non potendo essere aiutata da Laveno – cui dovrei far capo, per residenza – né, dal punto di vista psichiatrico, da Niguarda – accettano di considerare la mia richiesta e mi danno le informazioni per accedere al centro, con un triage infermieristico prima di prendere appuntamento.

In pomeriggio mi richiamano: si sono giustamente consultate con Laveno che, saputo che Niguarda non mi può aiutare, pare siano ora più disponibili a provare ad aiutarmi.

In ogni caso martedì si consulteranno con lo psichiatra del centro per capire come aiutarmi. Rimangono comunque disponibili nel caso Laveno non possa aiutarmi.

Richiamo quindi Laveno e parlo con l’infermiera con cui mi sono sempre trovata in empatia. È lei che ha parlato con Azzate. Le rispiego le mie necessità, le carte – del tribunale e dell’avvocato – le ha già in mano. Domani parlerà con la dottoressa per capire se posso avere un incontro con lei e cosa possono fare con me.

La informo che avrò una risposta da Azzate per martedì e rimaniamo d’accordo di aggiornarci la prossima settimana.

Non c’è ancora una soluzione ma almeno non è più tutto nero.

Sono stanca. Sono sempre molto stanca, ultimamente. Ma almeno non piango. Non oggi.