Eppur non si voleva muovere

Quando, tempo fa, iniziai a proporre a M. di cercare una nuova casa – mission impossible, di questi tempi – mi rispose, secca, che non aveva intenzione di allontanarsi dalla sua migliore amica, la nostra vicina.

La mia richiesta era basata sul fatto che per salute e medicinali assunti non avrei più potuto guidare e avrei avuto bisogno di una zona pianeggiante e servita.

Ora pare che non sia più interessata a tornare in questa casa, cercandone un’altra, dove io non potrei comunque restare se non agli arresti domiciliari, non potendo muovermi da qui senza un passaggio, vivendo in un paese tanto bello quanto senza servizi, a iniziare dai trasporti, e lontano da tutto.

“Ma così mi fai sentire in colpa!”

Glielo avevo già detto da qualche giorno che avevo delle cose da chiarire con lei.

Ne ho parlato con lo psicologo nell’ultimo incontro – mi rendo conto ora che non ne parlo più ma continuo la psicoterapia con incontri mensili – e non posso più tenermi tutto dentro.

Oggi io e M. abbiamo organizzato di passare un po’ di tempo insieme, con un po’ di shopping – per lei, su mio consiglio – e pranzo insieme, nella cittadina dove lavoro.

Avevamo previsto di fare anche una passeggiata, ma fra bus cancellati e accompagnamento forzato a scuola del figliolo, la spesa settimanale da fare e varie, i tempi per la vita di coppia si sono contratti.

In ogni caso, seppur un po’ di fretta, dopo pranzo – servite e riverite al ristorante, per farci coccolare un po’ prima che chiudano tutto di nuovo – siamo riuscite a fare due passi e a parlare un po’.

Primo punto: le ho chiesto la promessa o, meglio, un accordo reciproco, che se dovessimo trovarci coinvolte in una storia sentimentale saremo libere di farlo.

Penso soprattutto a lei ma non escludo me. Per quanto mi riguarda – le ho detto – finché non è una cosa seria non mi interessa neanche saperlo – e forse preferirei non saperlo – ma se dovesse diventarlo, allora ci separeremo definitivamente.

Fino a qui tutto bene: non così esplicitamente ma ne avevamo già parlato. E mi è sembrata più che d’accordo.

Poi c’era un’altra cosa che ronzava nella mia testa: giorni fa le chiesi l’opinione sulla mia idea di pensare a spostarci verso una zona urbana.

Lei – al contrario di me, che sono orsa montanara – è una cittadina nata. Ha anche un po’ sofferto il trasferimento nel paesino rurale in cui viviamo. Le è sempre mancata la vicinanza a servizi, cinema, teatri…

Be’, mi rispose che no, non vorrebbe allontanarsi dalla sua amica, la nostra vicina della casa accanto.

Se rispetto all’evoluzione future del nostro rapporto con altre persone l’accordo è stato fin troppo concorde, quando le ho confessato che la sua risposta mi ha fatta sentire molto in fondo alla sua scala degli affetti – e fortunatamente non abbiamo né cani né gatti – mi ha risposto: “ma così mi fai sentire in colpa”.

“In colpa – ho replicato – mi sento io da anni, il problema sono io, non tu!”.

Quando viene a prendermi in stazione, ribadisce che si è sentita in colpa tutto il pomeriggio, dopo tutto quello che ha fatto per me in questi anni.

Confermo che non è lei a doversi sentirsi in colpa ma – eventualmente – io. Che lei è stata di grande supporto e mi ha sopportata, supportata e sostenuta in questo lungo periodo e che è solo per merito suo – ma anche per “colpa” sua – se sono arrivata a questo punto.

Lei non solo mi ha accetta e accompagnata nel percorso ma è stata anche proprio complice, come quando mi regalò biancheria intima femminile sexy.
Poi…
Boh?

Sicuramente mi sono illusa che, ben conscia che le piacessero gli uomini, preferibilmente muscolosi, molto muscolosi – cosa che io non sono mai stata (o ‘stato’, in questo caso) – potesse essere attratta anche da donne o, almeno, da me in versione femminile.

Evidentemente mi sono sbagliata: l’amore offusca la mente e fa brutti scherzi!
Vi – ma soprattutto le – chiedo scusa!