Coccole?

Il pargolo stasera dorme ancora fuori… Manco a dirlo, serata prosecco con quel che avanza del Select per un mini spritz al primo giro.

Finito l’aperitivo M. mi si siede a fianco e inizia a punzecchiarmi, fastidiosamente, col dito, come fa spesso con nostro figlio – e, soprattutto, viceversa.

Le chiedo “ti manca tuo figlio?”. Mi bacia e poco dopo inizia ad accarezzarmi la schiena con le dita – quelli che lei chiama “grattini”.

È molto piacevole ma mi irrigidisco: sono confusa, molto confusa!

L’ultima volta che siamo state da sole, dopo uno spritz si sentiva troppo ubriaca e stanca solo per parlare… e ora, dopo esserci scolate una bottiglia di prosecco prima di cena, con una manciata di patatine, queste coccole cosa significano?

Cosa vuole? Dove vuole arrivare? È lei che vuole o è l’alcool? Perché io muoio dalla voglia di fare all’amore con lei. Ma mi detto più volte che con una donna non le va proprio – anche di peggio – e io sono una donna, lei lo sa da tanti anni, ma ne ha preso piena coscienza solo quando ho iniziato il percorso clinico.

Quindi: lo vuole davvero? Sempre che lo voglia e non stia solo scherzando, allegra e dispettosa. Mi ripeto: sono confusa.

Dovremmo parlare? Ne avrei bisogno, davvero! Ma poi? Quando recentemente le ho spiegato il mio disagio per sentirmi meno importante della sua amica mi ha accusata di farla sentire in colpa. Ho paura di farlo, resto in ascolto, in attesa

Gli equilibri di coppia ultimamente sono alquanto instabili o almeno così li percepisco io e ho molta paura a muovermi, dire, chiedere. Non sono ancora pronta a rinunciare, volontariamente, a lei – per quanto l’abbia più volte invitata a rifarsi una vita. Preferirei rinunciare a me, ma ora che ho trovato il mio equilibrio potrei tornare indietro?

Lei, più volte, nelle mie crisi, mi ha detto che non posso tornare indietro. Ogni volta mi sono arrabbiata, perché io, solo io, posso decidere in che verso dirigere la mia transizione, la mia vita, il mio essere. Ma a questo punto la mia anima maschile è stata digerita, metabolizzata, risequenziata. Non posso neanche pensare di morire in un corpo maschile, figurarsi viverci. No, non posso tornare indietro!

Non ho la possibilità di emanciparmi. A ben vedere non abbiamo, entrambe, al momento, un reddito sufficiente per farlo. Mi piace pensare che stiamo ancora insieme per amore o, almeno, per affetto. Ma a volte è difficile amarla: è difficile amare un amore che non puoi amare come vorresti!

Riassunto: non potevo nascere cisgender* e, magari, pure eterosessuale? 🤔


* Cisgender, in contrapposizione a transgender, identifica una persona la cui identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita.

“Ma così mi fai sentire in colpa!”

Glielo avevo già detto da qualche giorno che avevo delle cose da chiarire con lei.

Ne ho parlato con lo psicologo nell’ultimo incontro – mi rendo conto ora che non ne parlo più ma continuo la psicoterapia con incontri mensili – e non posso più tenermi tutto dentro.

Oggi io e M. abbiamo organizzato di passare un po’ di tempo insieme, con un po’ di shopping – per lei, su mio consiglio – e pranzo insieme, nella cittadina dove lavoro.

Avevamo previsto di fare anche una passeggiata, ma fra bus cancellati e accompagnamento forzato a scuola del figliolo, la spesa settimanale da fare e varie, i tempi per la vita di coppia si sono contratti.

In ogni caso, seppur un po’ di fretta, dopo pranzo – servite e riverite al ristorante, per farci coccolare un po’ prima che chiudano tutto di nuovo – siamo riuscite a fare due passi e a parlare un po’.

Primo punto: le ho chiesto la promessa o, meglio, un accordo reciproco, che se dovessimo trovarci coinvolte in una storia sentimentale saremo libere di farlo.

Penso soprattutto a lei ma non escludo me. Per quanto mi riguarda – le ho detto – finché non è una cosa seria non mi interessa neanche saperlo – e forse preferirei non saperlo – ma se dovesse diventarlo, allora ci separeremo definitivamente.

Fino a qui tutto bene: non così esplicitamente ma ne avevamo già parlato. E mi è sembrata più che d’accordo.

Poi c’era un’altra cosa che ronzava nella mia testa: giorni fa le chiesi l’opinione sulla mia idea di pensare a spostarci verso una zona urbana.

Lei – al contrario di me, che sono orsa montanara – è una cittadina nata. Ha anche un po’ sofferto il trasferimento nel paesino rurale in cui viviamo. Le è sempre mancata la vicinanza a servizi, cinema, teatri…

Be’, mi rispose che no, non vorrebbe allontanarsi dalla sua amica, la nostra vicina della casa accanto.

Se rispetto all’evoluzione future del nostro rapporto con altre persone l’accordo è stato fin troppo concorde, quando le ho confessato che la sua risposta mi ha fatta sentire molto in fondo alla sua scala degli affetti – e fortunatamente non abbiamo né cani né gatti – mi ha risposto: “ma così mi fai sentire in colpa”.

“In colpa – ho replicato – mi sento io da anni, il problema sono io, non tu!”.

Quando viene a prendermi in stazione, ribadisce che si è sentita in colpa tutto il pomeriggio, dopo tutto quello che ha fatto per me in questi anni.

Confermo che non è lei a doversi sentirsi in colpa ma – eventualmente – io. Che lei è stata di grande supporto e mi ha sopportata, supportata e sostenuta in questo lungo periodo e che è solo per merito suo – ma anche per “colpa” sua – se sono arrivata a questo punto.

Lei non solo mi ha accetta e accompagnata nel percorso ma è stata anche proprio complice, come quando mi regalò biancheria intima femminile sexy.
Poi…
Boh?

Sicuramente mi sono illusa che, ben conscia che le piacessero gli uomini, preferibilmente muscolosi, molto muscolosi – cosa che io non sono mai stata (o ‘stato’, in questo caso) – potesse essere attratta anche da donne o, almeno, da me in versione femminile.

Evidentemente mi sono sbagliata: l’amore offusca la mente e fa brutti scherzi!
Vi – ma soprattutto le – chiedo scusa!

Questione di etichetta

Una conoscenza facebook stamattina propone in un gruppo il termine “contransvivenza” per le coppie sposate in cui un* coniuge intraprende la transizione.

È solo un gioco di parole ma mi fa riflettere. 🤔

Non mi vergogno di essere trans, anzi, ne solo felice e pure orgogliosa (T-pride!) ma non ci tengo proprio a mettere ovunque l’etichetta e la utilizzo il meno possibile.

Sono in transizione… non è una fase definitiva: alla fine sarò una donna (XY) e basta. Per questo credo che la parola convivenza sia più che adatta, così com’è.

donna 100%L’unica etichetta che mi piace indossare è quella, qui a fianco, che ho presentato a Capodanno.

Buon anno!

Strano capodanno questo. Senza festeggiamenti, intimo, ristretto, coatto, e sicuramente più volto a festeggiare la fine di un anno per lo più da dimenticare che un nuovo inizio.

Stamattina mi sveglio e mi alzo relativamente presto. Torno a letto, anche se non riesco più a dormire mi riposo e spero in qualche coccola.

Anche M. si alza due volte e per due volte torna a letto. La prima si riaddormenta subito, alla seconda mi rigiro, mi saluta, ci baciamo.

Segue qualche leggera carezza che si lascia fare. Una volta mi bastava sfiorare la sua pelle nuda per sentire scorrere una forte energia, un grande piacere, benessere totale. Ora non ho sentito alcuna reazione, né della sua pelle né alcun fremito verso di me.

Le ho detto “ti amo, tanto!” — “Lo so.” — “E tu mi ami ancora, almeno un pochino?” — “Sì”, risponde, ma ben poco convinta.

Ci abbracciamo. Le tengo la mano e le cingo la vita. La bacio e appoggio la mia fronte sulla sua. Le rubo qualche istante di coccole. Non posso esagerare, sento che è già una concessione.

Non vuole più essere toccata da me. Sono triste ma devo accettarlo, è difficile per quanto la amo, per quanto ne sono ancora attratta: per me non è cambiato niente per lei, invece, è cambiato tutto. Mi bacia ancora, a volte li cerca lei, a volte frettolosamente a volte molto teneramente. Ma oltre non si va. Da tempo mi sembra che il nostro rapporto si stia raffreddando, dopo un lungo periodo di riavvicinamento.

Dopo tanti anni, fra alti e bassi, di complicità, supporto e sopportazione della mia lenta e lunga transizione – di cui lei sa da sempre – pensavo potesse continuare ad amare la persona che sono. Invece ora vede solo la donna che sono e questo la tiene lontana.

Non riesco a capire se sia una questione di non volermi amare o di non potermi amare. Cioè non so se sia più una sua scelta conscia – più o meno personale o indotta – piuttosto che una rifiuto inconscio verso un rapporto saffico.

Di sicuro è attratta dagli uomini – da fisici atletici, muscolosi, che io mai ho avuto – ma certamente non è omofoba. L’amore non è solo fisico e in tutti questi anni il sesso fra noi due, di fatto, è stato anche lesbico. Certo non posso chiederle di cambiare né di forzarsi, però tutto è cambiato quando il nostro segreto è diventato pubblico.

Certo, il percorso clinico mi ha cambiata – positivamente – sia psicologicamente che fisicamente e ormai non c’è più niente di maschile in me, salvo un’ormai inutile – e fastidiosa – appendice… e la ricrescita della barba. 😞

Sono cambiata, certo, ma la mia mente, le mie mani, la mia bocca, sono sempre le stesse. Il mio amore non è cambiato, forse solo cresciuto. Mi ha anche detto, in più di un’occasione, che io sono sempre stata donna. Ed è così: non lo sono diventata, mi sono solo scoperta, riconosciuta, dichiarata.

Per un po’ mi sono anche illusa – in particolare all’inizio – che potessi piacerle anche da donna… evidentemente mi sbagliavo.
Ma non posso che rispettare la sua volontà anche se è dolorosa da accettare.

Il proposito per l’anno nuovo? Vivere da donna al 100%.
donna 100%
… e coltivare, se non il suo amore, almeno il suo affetto e la sua amicizia.