Elezioni politiche

Di nuovo al seggio elettorale, con i documenti aggiornati, mi presento alla postazione femminile. Esattamente come – ma al contrario – dell’ultima volta mi rimandano all’altra postazione che, con un certo imbarazzo, mi rimanda alla postazione “donne”.

Ma, come pensai nella scorsa occasione questa cosa delle code separate per sesso deve cessare! Non avrebbe più senso trovare l’iniziale mediana nell’elenco dellə votanti?

E non lo dico solo per il mio “caso”. In un paesino come il mio, bucolico, la sopravvivenza femminile è decisamente superiore a quella maschile, quindi gli elenchi sono comunque sbilanciati – oltre a essere discriminanti rispetto alle persone “gender non conforming”.

Referendum

No, non parlo dei referendum bocciati pochi giorni fa, ché è meglio, recitava puffo Quattrocchi…

Parlo del referendum indetto oggi riguardo la fusione del mio Comune con gli altri due limitrofi, già parte dell’Unione.

In questo paesino siamo circa ottocento anime, io aggiungo “compresi gatti e cinghiali” ma in realtà cani, gatti e cinghiali superano nettamente la popolazione bipede, specie quella votante.

Considerati i numeri è difficile trovare ressa ai seggi ma la questione delle code separate è sempre in agguato.

Fortunatamente nella sezione – unica, per il Comune – eravamo solo io, mia moglie e gli addetti. Rassegnata mi metto davanti alla postazione relativa al mio – ancora per poco – attuale nome anagrafico e l’addetto mi invita a mettermi in coda dietro a mia moglie.

Eh, l’orgoglio è piacevole in certi istanti ma rimane un brutto sentimento 🤔 e mi affretto a consegnare tessera elettorale e carta d’identità informando lo scrutatore che sui documenti c’è ancora, per poco, il nome “sbagliato”.

“Ah, sì, capisco!” e senza alcun imbarazzo – almeno apparentemente – mi invia al presidente per ritirare la scheda e votare.
È andata bene. A me. Ma questa cosa delle code separate per sesso deve cessare. E mai verbo fu più adatto di “cessare”, in questo caso. 🤭