Giù le mani!

Sto facendo un giro in moto e mi sembra ci siano dei problemi.

Mi fermo in una piazzetta e dei ragazzi seduti a un bar mi chiedono se ho cambiato assetto alla moto? No, di certo!

Lì vicino c’è un meccanico, mi consigliano di fargliela vedere.

Mette la moto sul trespolo, la solleva. Poco dopo mi chiama per farmi vedere: “si è spostato il freno e…”.

Mi invita a vedere le parti coinvolte. Mi chino e da dietro mi mette una mano sul seno. Protesto, cerco di ribellarmi. Mi abbraccia e mi stringe anche l’altro seno.

Cerco inutilmente di liberarmi. Si avvicina col volto al mio collo.

Gli chiedo “ma secondo te, sono una donna o un uomo?”.
“Tutt’e due”, risponde.

“E invece no, SONO UNA DONNA!!! Se non la pianti subito chiamo la polizia e ti denuncio!”. Raccolgo tutte le mie forze e riesco a forzare la presa.

Nel frattempo entrano in officina mia moglie e nostro figlio. Mi lascia subito, mi allontano.

Ero in giro da sola, non so cosa ci facciano qui ma ringrazio di cuore che siano arrivati.

Mi sveglio.
Sollievo!

Era solo un sogno, per fortuna. Ma mi sento ugualmente violata, offesa, ferita.
E non era solo una toccatina: ogni molestia è violenza!
Sono sveglia, arrabbiata e nervosa come se fosse stato reale. Meglio girarmi al largo, oggi: potrei mordere!

dito medio alzato con scritta Fuck PatriarchyNella sua vita, una donna su tre subisce violenza o molestie.
Se non ci credete, io sono una di quelle. Troppo spesso siamo invisibili, troppo spesso capita anche più di una volta, nella vita.
È una lunga battaglia culturale quella che abbiamo davanti: iniziamo a educare i nostri figli, i nostri amici, i nostri compagni. Ma anche le nostre sorelle e le nostre madri.

Sogni di fuga

Stanotte ho sognato di evadere da una specie di manicomio a bassa sicurezza in cui ero rinchiusa, aiutata da mia moglie che era venuta a trovarmi.

Scavalco in un punto facile, salto, atterro e inizio a correre – eh, bello come può funzionare il corpo nei sogni! 😃

Poco dopo butto cellulare e borsa – quella da coscia che uso al lavoro. Me ne pento subito ma almeno così, penso, non mi possono rintracciare.

EquisetoNella fuga mi ritrovo in una valle ampia, verde, coltivata, direi del Trentino, per orografia. Mi infilo in un canneto, una specie di campo di equiseto gigante, dalle foglie lanceolate, verdi e con l’interno più chiaro, con una bellissima cima fucsia, che mi ricorda NON UNA DI MENO: mi rilasso, rallento. Il mio cuore è felice, mi sento al sicuro.

Uscita dal verde mi ritrovo in zona urbana e mi metto in coda – lunga – per i bagni pubblici. Sono quasi tutte donne, tranne un uomo che si lamenta perché occupano anche i servizi maschili.

Le porte non si chiudono – non ci sono o forse non vogliono chiuderle?
Tutte salgono accovacciate sulla tazza, mostrando la schiena. Io non riuscirò mai a salire così, ma non posso farla in piedi né mi potrei sedere senza porta: si vedrebbe il coso. 😱

Il “bisogno” è reale – come sempre, quando sogno toilette e minzioni – e mi sveglio per andare in bagno, interrompendo la storia, la “fuga”, che mi piacerebbe riprendere quando torno a dormire, per vedere come finisce.

Nel frattempo, per quanto intontita, una cosa la so bene: il coso NON LO VOGLIO PIÙ!

Il sogno riprende ma a modo suo, ovviamente. Non mi ricordo – al risveglio – che cosa sia successo. Ho solo tracce – o forse un mero sentore – di viaggio e avventura, che peraltro sono un po’ il mio standard onirico.

In ogni caso al risveglio avevo ben scolpita in testa, come se la stessi pronunciando realmente, questa frase, che potrebbe essere l’incipit del mio nuovo romanzo, se sapessi scrivere e se non fosse che forse potrei già pubblicare un libro con tutti quelli che mi sono segnata, da qualche parte:

«Sta pensando alla paura ma non ne prova: non se ne sente l’odore».

Sogno. (Desiderio di maternità?)

Stanotte – ahimè non posso dire “ieri” – sono andata a dormire tardi, come spesso accade, per cercare di aggiornare il blog.

Mi sveglio per accompagnare M. al treno ma poi mi rimetto a letto: mi riaddormento subito e inizio a sognare.

Sono al lavoro ma le strade sono quelle di un’altra città, forse Varese. Litigo lievemente con qualche utente e mi ricordo che devo fare un lavoro alla nostra postazione in strada: montare le nuove casse dello stereo. (?)

Non abbiamo una tale postazione e tanto meno usiamo casse stereo, ma era sembrata un’ottima idea per rilassarmi dopo il diverbio.

La postazione è una serie di tavoli coperti, con muro alle spalle, con mensole su cui – appunto – ci sono le casse da cambiare.

Mi sembra di riconoscere la strada di Biumo Inferiore (Varese) dove vivono i miei suoceri e intorno alla postazione si formano le bancarelle della tipica festa del rione – ma la nostra postazione è fissa, non siamo lì per la festa. 🤔

Inizio a fare il lavoro programmato ma vengo continuamente interrotta da persone gentilissime che mi offrono aiuto, con simpatia, ma con una mia certa insofferenza.

Un signore mi offre un “bicchiere”, credo di vino, e rispondo che sono a posto con l’acqua che ho – peraltro sto lavorando!

Mi ricordo di dover prendere le medicine, le verso sulla mano: sono tantissime! Cerco di metterle in bocca ma non ci stanno tutte. Cerco l’acqua per mandarle giù ma le prime due o tre bottiglie sembrano vuote… finalmente ne trovo una con ancora acqua a sufficienza.

Inizio a cambiare la seconda cassa e mi accorgo che, nel frattempo, quella vecchia è sparita: ne sono stupita perché quando sono arrivata e ho iniziato al lavoro non me ne ero accorta.

Mentre osservo lo spazio dove c’era la cassa, arriva una signora che mi offre una fetta di torta al cioccolato di ottimo aspetto.
“Grazie ma non posso proprio: mi hanno messa a dieta!”.
“Eh, i dottori… le diete!”.
“Sa, un po’ di diabete, colesterolo… insomma: gli acciacchi dell’età”.
“Eh, signora mia, che vuole? Una volta le avrebbero consigliato di fare un figlio, ma ora chi si può permettere di farli, con quello che costano?!”.

Se ne va. Io mi sveglio.

Desiderio di maternità? Ogni tanto ci penso, ultimamente. E mi scopro spesso a guardare con grande gioia i volti dei e delle neonatə. In carrozzina o in braccio alle mamme. Effetto degli ormoni?

Ho sempre invidiato il sentirsi crescere dentro la creatura. Poi mi ricordo di quello che segue, le notti, la fatica, le preoccupazioni, … l’adolescenza!!!

No, sono troppo vecchia per un figlio! Ho iniziato a desiderarli intorno ai venti – ventun anni e mi ero posta il limite assoluto prima dei quaranta. Avevo ragione: poi le energie mancano. Sono sempre stata convinta che bisogna poter giocare e crescere insieme a loro.