Giornata internazionale contro la violenza di genere

Non credo di essere mai stata debole, fin da piccola ho dovuto imparare a crescere in fretta, per quante ne abbia ingoiate per non voler/dover reagire.

Per affrontare una transizione ci vuole forza, tanta, poi arriva la sofferenza e la violenza (specie in ambito sanitario).

Tutto questo ci ha tempratə, come dal ferro all’acciaio e dal carbone al diamante, tanto duro quanto fragile.

Ho avuto la forza di arrivare fin qui, ma invece di seguire i miei tempi ho seguito quelli della famiglia e ora sono vecchia ed esausta.

Ora mi sento una briciola di scarto dal taglio del diamante, pronta per essere frantumata.

Sono stanca, molto stanca e devo ancora scontrarmi con due o più muri di gomma della burocrazia.

E, se posso permettermi, in vari gruppi si trovano informazioni sul cosa fare “dopo” la riassegnazione anagrafica ma estremamente parziali e discordanti.

Non sarebbe l’ora di stilare una guida, non solo per lə più giovanə ma anche per lə maturə (e tardonə come me), pubblica e gratuita, su cosa fare dopo per cie, cf, patente, casa, mutuo, banche, contratti di lavoro (🤞), certificati e visite mediche, invalidità?

Non so se riuscirò a vederne la nascita, sono veramente molto stanca di esistere in questo mondo, ma credo possa essere molto utile per chi mi seguirà. Spero di averne lasciato qualche traccia in queste pagine.

Oggi, 25 novembre, si celebra, per l’ONU la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”.

Secondo NON UNA DI MENO “contro la violenza maschile sulle donne e di genere”. Concordo un po’ di più su quest’ultima definizione perché la violenza è al 99% maschile ma non solo, e per l’estensione al “genere” perché la violenza può essere agita anche in coppie gay, lesbiche e *.

Di violenza credo di averne subita abbastanza, vorrei fortemente credere in un finale sereno e tranquillo. Vorrei…

Giù le mani!

Sto facendo un giro in moto e mi sembra ci siano dei problemi.

Mi fermo in una piazzetta e dei ragazzi seduti a un bar mi chiedono se ho cambiato assetto alla moto? No, di certo!

Lì vicino c’è un meccanico, mi consigliano di fargliela vedere.

Mette la moto sul trespolo, la solleva. Poco dopo mi chiama per farmi vedere: “si è spostato il freno e…”.

Mi invita a vedere le parti coinvolte. Mi chino e da dietro mi mette una mano sul seno. Protesto, cerco di ribellarmi. Mi abbraccia e mi stringe anche l’altro seno.

Cerco inutilmente di liberarmi. Si avvicina col volto al mio collo.

Gli chiedo “ma secondo te, sono una donna o un uomo?”.
“Tutt’e due”, risponde.

“E invece no, SONO UNA DONNA!!! Se non la pianti subito chiamo la polizia e ti denuncio!”. Raccolgo tutte le mie forze e riesco a forzare la presa.

Nel frattempo entrano in officina mia moglie e nostro figlio. Mi lascia subito, mi allontano.

Ero in giro da sola, non so cosa ci facciano qui ma ringrazio di cuore che siano arrivati.

Mi sveglio.
Sollievo!

Era solo un sogno, per fortuna. Ma mi sento ugualmente violata, offesa, ferita.
E non era solo una toccatina: ogni molestia è violenza!
Sono sveglia, arrabbiata e nervosa come se fosse stato reale. Meglio girarmi al largo, oggi: potrei mordere!

dito medio alzato con scritta Fuck PatriarchyNella sua vita, una donna su tre subisce violenza o molestie.
Se non ci credete, io sono una di quelle. Troppo spesso siamo invisibili, troppo spesso capita anche più di una volta, nella vita.
È una lunga battaglia culturale quella che abbiamo davanti: iniziamo a educare i nostri figli, i nostri amici, i nostri compagni. Ma anche le nostre sorelle e le nostre madri.

A cena fuori

Dopo due giorni di risvegli stranamente – direi quasi incomprensibilmente – euforici, ieri mi sono addormentata piangendo e piangendo mi sono svegliata stamattina.

Poi al corroborante sfogo con il gruppo AMA è seguito un turno di lavoro sotto il sole già torrido – in cui mi sono chiesta se arriverò a fine estate, quest’anno. Ne sono uscita stanca, sfinita.

Stasera usciamo a cena, per festeggiare. Elettricità nell’aria e non è solo il temporale. Esco stanca e nervosa. Torno satolla, leggermente inebriata, serena, quasi felice. Potere del cibo, dell’alcool, ma soprattutto del passare un bel momento con la famiglia.

Mentre mi spalmo gli ormoni mi viene in mente la giornata di domani: devo tornare al CPS, con nuovi documenti, per provare ad accelerare il nuovo iter psichiatrico.

Già: mi tocca ancora il vaglio dellə strizzacervelli. Un’altra volta. Un’altra volta devo – e non voglio – essere valutata come soggetto potenzialmente malato.
Se decido di mettermi a nudo, in cerca di aiuto, come ho fatto con lo psicologo, è una mia scelta. E mi è servita, lo rifarei.

Se invece ti impongono di spogliarti, voi come lo chiamate?!

E via… un’altra notte a piangere: ma i miei occhi non sono già abbastanza belli? Be’, no, certamente non “adesso”!

Violenza di genere… e di genere sbagliato

La violenza di genere è sempre sbagliata!

Questo è (stato) un anno tremendo, non solo per il covid, ma anche e forse di più per la violenza di genere e i femminicidi. Avete letto i quotidiani o ascoltato i notiziari?

Oggi è il giorno più lungo e difficile per quanto riguarda il mio lavoro.

Oggi lo è stato di più, più del solito, sia perché i dolori si sono fatti sentire molto, sia per un’aggressione verbale che ho subito.

Aggressione che ritengo di poter definire violenza di genere anche se perpetrata da donna a donna.

Il mio lavoro consiste nell’accertare illeciti, da cui scaturiscono verbali e sanzioni. Lo faccio in un piccolo comune. Lo faccio dopo un coming out, fatto mesi fa, con l’ente per cui lavoro. Le voci corrono ma, ovviamente, non vado in giro con un cartello luminescente con scritto “donna trans!”.

Al lavoro e anche in servizio attivo parlo sempre e solo al femminile.

Il mio lavoro è spesso disprezzato. Gli insulti sono frequenti ma, a volte, ci sono anche ringraziamenti per il lavoro svolto e, addirittura, scuse dai contravventori.

C’è un gruppo familiare, titolare di un’attività, che ripetutamente viola le disposizioni che io posso accertare. Dopo un lungo periodo di “tolleranza”, in particolare nei tempi difficili del covid, sono stata insultata – ovviamente in pubblico, ad alta voce – da una componente del nucleo.

Il mio livello di “tolleranza” è calato un po’, che dite: è umano?

Oggi, doppio turno, dopo aver soprasseduto ai due accertamenti del mattino, per vicinanza della fine del turno, non posso non farne uno nel pomeriggio, per continuazione dell’illecito.

Dopo il completamento dell’operazione sopraggiunge la titolare dell’attività inveendo contro di me e appellandomi in modi che, fortunatamente, non comprendo.

A distanza ravvicinata mi accusa di stalking, di accanimento verso la sua famiglia. Le faccio notare che sono loro gli unici ad essere sanzionabili in zona, in quel momento.

Allora passa alle minacce: “andrò a parlarne in Comune… e poi racconterò dei suoi vizietti al parco” – ovviamente urlando, in piazza.

Sono del Leone e gli artigli mi escono, affilati, lunghi: “mi dica, ma di che vizietti sta parlando?!”.

“Eh, lo sa!”.

“No, non lo so proprio… ma penso di quererala per questo!”.

“Sì, querela…”, e si allontana.

Ditemi voi se questa non è intimidazione… e se vi dicessi che il marito è carabiniere e partecipa all’attività familiare in barba alle disposizioni di legge?

Ora, io vivo da donna – trans – anche al lavoro. Ma temo che molti mi vedano come uomo effeminato. Credo anche in questo episodio. Da qui l’equazione: gay → pederasta → pervertito → pedofilo?!

Perché sì, è vero che sono omosessuale – lesbica! – ma se devo essere discriminata almeno sia da donna, lesbica. E comunque ogni associazione fra omosessualità – o non eteronormatività – e perversione mi fa ribollire il sangue!
Per non parlare dell’atteggiamento intimidatorio – che dite, forse un po’ mafioso? – e che un rappresentante delle forze dell’ordine dovrebbe intervenire o quanto meno segnalare ogni violazione di cui viene a conoscenza (24/7, per quel che mi ricordo per i carabinieri)?

Per fortuna stasera, per quanto fossi cotta, c’è stata l’assemblea cittadina di Non Una Di Meno – Milano, dove ho potuto convertire la mia rabbia in partecipazione e, spero, idee.

Mo’, vabbe’ mi è venuta voglia di ascoltare questo brano… sedetevi, mettetevi comodə, molto comodə! Pura poesia: e a me torna la voglia – necessità! – di suonare la batteria.
Ogni riferimento a personaggi romanzeschi è voluto e per niente casuale.