Nessun ricovero in reparto, per me, ieri sera. Nel frattempo sembrava anche quasi che mi dimettessero. Ma sono ancora qui.
Finalmente però stanotte ho dormito. Mi sono abituata alle luci, alle urla, ma ha contribuito soprattutto la stanchezza… a un certo punto mi sono sentita come della sabbia negli occhi e ho subito pensato all’Omino del sonno che, per mia fortuna, è arrivato ad aiutarmi. 😴
Al risveglio mi sento quasi bene. Riesco a camminare un po’ senza boccheggiare anche se dopo poco mi gira un po’ la testa. Ma sia glicemia che pressione sono ballerine, per non parlare dell’ossigeno, e non sono certo in forma.
A metà mattina il coatto viene finalmente ricoverato, come programmato, non ne sento proprio la mancanza!
La giornata passa lenta fra visite e prelievi, buchi e misurazioni. Il fatto che si rivolgano al femminile mi dà sollievo. Ho un po’ di freddo alle gambe ma rimango con la sola camicia da notte: anche le pazienti – in PS siamo quasi tutte donne e solo poche sono in grado di muoversi autonomamente – mi considerano una donna. E se l’abito fa la monaca, abito sia!
Prima di pranzo passa la dottoressa e mi dice, che visto sembro stare meglio, pensano di dimettermi e assegnarmi alle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale). Non posso che essere contenta di uscire da lì!
Nel primo pomeriggio però mi arriva un pesante attacco di tosse, con conseguente dolore al petto. Si forma nuovamente il vuoto intorno a me e per ore non si avvicinano più neanche medici e infermieri.
Dopo qualche ora viene a visitarmi una pneumologa. È piuttosto contrariata per il fatto che sia rimasta lì senza CPAP (che uso a casa di notte) né ossigeno, per tutto questo tempo.
Inizialmente temo ce l’abbia con me, per non aver portato la CPAP – io l’ho detto e ripetuto a ogni visita! – ma è molto gentile, attenta, premurosa, forse preoccupata e anche lei si rivolge a me al femminile. No, non è con me che ce l’ha…
La raggiunge una collega, si consultano, e dopo qualche altra domanda mi assicurano che entro sera verrò ricoverata in reparto. Grazie!!!
Verso sera mi portano nel reparto di osservazione, una zona “grigia” di convivenza fra positivi e negativi, rigorosamente separati di stanza fino alla certezza. Infatti sono sola in stanza, su un letto vero, mi sento quasi in vacanza… beh non esageriamo!
Contrariamente al PS, dove il sottofondo è di lamenti, urla e pianti per dolore o noia, qui il personale sembra allegro, scherzano e ridono in continuazione. Sottofondo molto più piacevole. Immagino sia per sopravvivenza. E, forse, per alzare il morale.
Unico neo, continuano a rivolgersi al maschile e/o per nome anagrafico, dal dottore che mi ha visitata all’arrivo a tutte le infermiere, nonostante l’ennesima ripetizione del mantra su disforia di genere e TOS femminilizzante, e che io insista a parlare al femminile.
In PS ero riconosciuta come donna, dal personale ma anche dalle pazienti più anziane. Ce la farò anche qui, spero.
Stasera, nel frattempo, ignoro i pronomi e mi godo il letto!