Dopo la pausa estiva ho avuto il mio quinto incontro con la psicologa: le ho raccontato le tante cose successe: il primo coming out con il figlio minore, con le lacrime e il distacco che ne è seguito; il secondo con il figlio maggiore, che già “sapeva” e mi sembra si sia già rivolto a me al femminile nei giorni successivi; del colloquio di lavoro, e della sofferenza – ma la necessità – di presentarmi ancora come uomo.
È stata contenta di me, o meglio di “noi” visto che, dopo avermi chiesto, certa della risposta positiva, se mi sentissi meglio, ha dichiarato, felice: “quindi abbiamo raggiunto lo scopo che ci eravamo prefissate e per cui siamo qui”.
L’ho aggiornata sul Niguarda, che – forse non l’avevo ancora scritto qui – ad ottobre ho il day hospital con i primi esami e la valutazione psichiatrica.
Mi ha chiesto dei sogni e le ho raccontato dei miei lunghi viaggi a piedi, ina nave, aereo, treno: evidente simbolo del percorso di transizione che sto percorrendo… ma anche della grande voglia di vacanze!
Poi le ho raccontato delle grandi stanze, grandi spazi, in cui mi ritrovo con il mio migliore amico e le nostre amicizie comuni dell’adolescenza, post-adolescenza e giovinezza – non esattamente identificabili – per poi finire sempre a discutere per motivi che al risveglio mai mi ricordo.
L’ho trovata un po’ criptica – muta e inespressiva – quando le ho detto che, nonostante mi sogni sempre al femminile – tranne una volta, molti mesi fa, in cui avevo ruolo maschile – anche con le persone del passato, i sogni li vivo come spettatrice: sono dentro alla scena ma non mi vedo mai, come se i miei occhi fossero la videocamera da cui viene ripresa la scena.
Vabbe’, non ha schiacciato il pulsante rosso e non sono in camicia di forza, non è andata tanto male…
Prossima seduta un po’ più in là del solito – tre settimane invece che due – causa anche i miei possibili impegni di lavoro e lo slittamento di giorno, ma mi accompagnerà fino alla presa in carico del Niguarda. Se lo faranno!