Dopo diciannove settimane di cassa integrazione finalmente oggi sono tornata al lavoro. Di-cian-no-ve! 19 è, forse, il mio numero preferito, non in questo caso!
Non ce la facevo più a stare a casa. Ma soprattutto non ce la facevamo più con i conti, perché ti dicono che in cig prendi circa l’80% della paga ma in realtà ci sono due fasce di riferimento e io ho preso circa il 50% di un part-time 50% della paga da operaia.
Ma oggi non mi voglio lamentare, oggi è festa: il lavoro è fatica ma è anche dignità. E finalmente da oggi riprendo dignità e guadagno. Poco di entrambi, ma qualcosa.
La paura più grande? L’unica direi?
Sono mesi che vivo in famiglia, in ambiente protetto, dove anche il mio figlio minore mi parla al femminile. E dove io parlo solo ed esclusivamente al femminile.
Ma al lavoro sono ancora un uomo.
Già!
Sono sopravvissuta alla prima giornata. Credo di non essermi tradita. Spero, o forse no.
A fine lavoro non sono così contenta di essere tornata al lavoro. Non fraintendetemi: sono contenta di lavorare di nuovo. Ma non di doverlo fare da uomo.
Nei miei panni avrei voluto fare coming-out al lavoro già da tempo, poi è arrivato il covid-19 e non posso che ringraziare che mi abbiano rinnovato il contratto in cassa integrazione.
Chissà quando non avremo più bisogno di coming-out perché saremo solo “persone”.