Fra cinque giorni incontrerò il mio avvocato per consegnargli i documenti e iniziare il percorso legale per la riconversione anagrafica e chirurgica.
Non vedo l’ora, non fosse per l’ansia di non sapere ancora se ne conseguirà scioglimento o riconversione in unione civile.
Ah, come vorrei rimanere sposata, esattamente come lo sono ora!
Chiedendo a mia moglie altre mie foto, fra le sue, da dare all’avvocato, le ho ricordato che venerdì prossimo dovrei dire all’avvocato cosa sarà del nostro matrimonio: aveva capito di avere un anno, non solo un mese, per pensarci!
Ma secondo voi si chiede una risposta a distanza di un anno? Io forse mi dimenticherei la domanda, in dodici mesi. 🤔
In realtà è da circa un anno che le spiegai i due possibili scenari, non essendoci la possibilità di rimanere sposate, la risposta fu la solita: “ci penserò”.
Io posso solo immaginare la sofferenza che le ho causato e che lei nasconde a me e, forse, a lei stessa. Non sono una psicologa e non posso capire cosa stia passando. Forse è ancora in fase di negazione, dopo quindici anni, di cui tredici di complicità e due di allontanamento fisico.
E posso solo ringraziarla, un’altra volta, per avermi accompagnata fin qui. Con un costo, temo a questo punto, troppo alto, per lei.
Da pessimista, a questo punto, non posso che prevedere la richiesta di scioglimento… e, per consolarmi, pensare che mi verranno gli occhi belli.
Concludo con un brano dei Clash, che, a questo punto, dà anche il titolo a questo articolo.