Dopo la seconda litigata di ieri, ho presso carta e penna e ho iniziato a scrivere a mia moglie.
Questo il testo:
«M., Ti Amo. Ti amo da più di venti anni. Momenti più o meno belli ma non ho mai amato nessuna come te. Mai quanto te. E conto molti più che meno.
So che il mio “divenire” è difficile, non solo per me, ma anche per te e F.
E so, lo sento, che sta diventando sempre più difficile per voi (ma anche per me, perché lo sento, sento la sofferenza e non sono né indifferente né egoista, e almeno spero che questa sia anche la tua opinione).
In tutti questi anni ti ho sempre sentita vicina, molto vicina, quasi “complice” quando mi hai regalato il baby-doll (che io, da stronza, ho rifiutato vendendomi ridicola; perché ridicola mi sento, spesso, così come mi vede il mondo).
In ogni caso, ti ho sempre sentita al mio fianco, e di questo non posso che esserti grata, anche per questo – ma non solo – TI AMO.
Ma dall’inizio dell’anno, sa quando ho iniziato il percorso “clinico”, prendendo l’appuntamento al Niguarda, ho sentito, percepito, il tuo progressivo distacco.
Sei rimasta ancora al mio fianco, e lo ho apprezzato, lo apprezzo molto. Non sai quanto.
Ma più mi avvicino alla transizione e più ti sento lontana.
Ho cercato di proteggere F., e ho cercato di dirglielo nel migliore dei modi possibili. Sempre che ce ne sia uno “buono”. Mi dispiace di averlo ferito. E che dopo due mesi la ferita sia anche, forse, peggiorata.
Ha ferito me, però, il continuo rimandare a dichiararmi ai tuoi genitori.
Questa la colgo come un’ultima negazione del mio percorso.
Non sai quanto mi senta inutile, meno di una merda di cane, per non essere riuscita a trovare un lavoro in questi lunghi anni.
E sai, forse, quanto voglio tenere questo lavoro che non è “IL” lavoro ma “UN” lavoro, un lavoro che mi rende la dignità che ho perso da tanto tempo.
Nonostante gli insulti e il disprezzo che mi sento addosso quando passo. Non tutti, alcuni apprezzano, per fortuna.
Ma dopo quindici anni diventa sempre più difficile trattenermi.
Non sai quanto mi costa, ormai, indossare la divisa da uomo, e presentarmi, parlare come tale. Sempre con la paura di parlare al femminile, cosa che capita, mi capita, per quanto mi sforzi.
Te l’ho già detto: il mio “scoprirmi” donna lo sento come un tradimento nei tuoi confronti, visto che tu ti sei innamorata dell’uomo che vedevi (e, forse, ero).
Te l’ho già detto: ti amo, e amo F. e T. L’ultima cosa che vorrei e fare male a uno di voi. Spero mi crediate.
So di essere ingombrante, ormai, nella vostra vita, e cercherò di alleviarla.
Spero mi perdoniate, e soprattutto che comprendiate che non è una mia scelta: sono nata così.
Mi permetto un appunto, M.: ho passato tutto il pomeriggio a piangere dopo la nostra ultima litigata (sul mio “dover” lavorare, innanzitutto)… era proprio necessario rinvangare, tornate a casa con F., nel giorno del suo compleanno? Io avrei preferito torta e spumante. Ma tant’è. Tanto la stronza, quella “sbagliata” sono io.
Vi amo, Chiara.
—
Mi hai detto di non chiederti più niente, questa sera. E io di getto, lo stesso.
Non ti chiederò più niente, se non scusa per quello che sono. Per quello che questo ha comportato per te e F.
Sono ingombrante, sono un peso, sono un costo.
Spero di sollevarvi da tutto questo al più presto.
Con amore Chiara»
So cosa senti perché lo ho vissuto sulla mia pelle in una situazione speculare. Ti ABBRACCIO con tutto il calore del ❤ Leda