Se non cancellano l’appuntamento, mancano sei giorni.
Sei giorni alla TOS.
L’inizio della mia nuova gestazione.
Se…
________________la mia transizione MtF
Se non cancellano l’appuntamento, mancano sei giorni.
Sei giorni alla TOS.
L’inizio della mia nuova gestazione.
Se…
«Così ha deciso la natura, sei nato maschio con una mente da femmina. Rispetta però il destino».
Questo mi scriveva un caro amico – il più caro, l’unico che ha rifiutato la mia transizione – il 16 gennaio scorso, ricevuto solo oggi perché allora era bloccato.
Ho ripreso i contatti recentemente, perché non si possono cancellare così quasi dieci lustri di amicizia, e mi chiese perché non avevo letto quel messaggio, rinviandolo. Ma dopo una frase del genere cosa dovrei fare?
Forse sbaglio, spero di no, ma spero di avere la possibilità di chiarirci vis-à-vis, ché per messaggio i fraintendimenti possono essere troppi.
Spero di farmi accogliere anche da lui, come hanno fatto tutti gli altri miei amici.
Come non citare a questo punto “Frankenstein Jr.”?
“Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me!”
So di non essere bella. Anzi mi vedo proprio brutta: quella che vedo allo specchio non sono io, anche per questo preferisco non accendere i faretti in bagno, almeno al mattino, almeno finché non devo proprio vedere quello che faccio al mio viso.
Ho la faccia che ho: ben poco femminile, con la testa enorme e quell’orribile ombra nera fra naso e mento, che ora la mascherina d’ordinanza sembra nascondere molto bene, tanto che – l’ho già detto ma lo confermo – quando esco per fare la spesa, o in ospedale, tutt* – forse potrei dire “tutte” perché credo di aver parlato solo con donne, fuori di casa, negli ultimi tempi – si rivolgono a me al femminile.
No, non mi piaccio. Dovrei avere più rispetto per il mio corpo, lo so. Fino ai quarant’anni, quando ho iniziato a capire il mio vero genere, avevo sì una leggera pancetta da “bevitore di birra” – confesso! – ma il fisico era ancora asciutto.
Ho iniziato la terapia fito-ormonale e il seno ha iniziato a svilupparsi. Poca roba ma ne ero molto così contenta! Poi si sono avvicinati i cinquanta e, complice forse il calo di attività fisica – che avevo ben ripreso, con soddisfazione, dopo le angioplastiche – dovuta a una serie di incidenti alle ginocchia, mi è esploso l’addome.
Mi vedo come una brutta cicciona, non mi piaccio, ma non riesco a mettermi a dieta. Stavo calando di peso e riprendendo un po’ di forma da quando ho rincominciato a lavorare. Questo maledetto virus, che mi ha forzata in casa, mi ha fermata e ho rincominciato a prendere peso. La carne è debole, lo spirito peggio.
Lo stesso maledetto virus ha però aumentato anche il mio passing* grazie alla mascherina. E con questo forse è aumentata anche un po’ la mia autostima.
Fatto sta che oggi pomeriggio, al supermercato, ho incrociato una donna molto piacevole, stile Gianna Nannini, con tanto di caschetto biondo e chiodo di pelle nera, ben curata e mi è sembrato mi guardasse con gradimento. Subito mi è scattato il radar.** Poi ho pensato che magari credesse di aver visto una sua conoscente, era la spiegazione più razionale, però ad ogni incrocio nelle corsie coglievo un sorriso negli occhi.
Non mi sento degna di simili attenzioni, magari ha semplicemente visto chi c’era dietro la maschera, magari era il solito “sorrisetto”. Ma tutte le altre persone mi hanno vista e riconosciuta come donna. Perché non anche lei?
Non posso neanche pensare di essere bella, però stasera mi godo l’idea di essere ancora piacevole e non solo per chi mi guarda attraverso le lenti dell’amore.
Sbaglio?
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* Passing: la capacità di sembrare del genere di appartenenza nonostante quello di nascita.
** Gay radar: l’istinto che alcune persone pensano di avere nel riconoscere l’orientamento sessuale delle persone.
Stamattina ho fatto gli esami richiesti per iniziare la TOS.
Ero già andata in ospedale, per il prelievo, venerdì scorso ma dopo una lunga coda ed essere stata insultata dalla provata – ma provate lo siamo tutte! – impiegata dell’accettazione, perché erano le ennesime prescrizioni che non riusciva a leggere con lo scanner laser, mi annuncia che alcuni esami li fanno solo di mercoledì, allargando le braccia alla mia protesta: “ma io come faccio a saperlo?”.
D’altra parte, per le persone superstiziose, venerdì scorso era il diciassette.
In ogni caso, al contrario dell’altro giorno, oggi sono entrata senza fare coda. Mi sono presentata allo sportello con anche il foglio riepilogativo stampato in qualità fotografica – comunque scarso, ma è il file originale che è in pessima risoluzione – e un altro leggermente ingrandito e ripulito – cosa ho fatto la grafica per oltre dieci anni a fare, altrimenti?! Dopo un “nah, non serve a niente questo, mi serve un altro codice…”, ha ripreso in mano il foglio e blip-blip-…-blip, tutto inserito et voila, il salasso è servito.
Salasso, sì, e doppio! Perché mi hanno prelevato cento euro di ticket e varie provette di sangue. 🧛
Devo dire che anche oggi, grazie alla mascherina, all’abbigliamento e a un filo di mascara, mi hanno salutata tutte (ho incontrato solo donne questa mattina) al femminile.
Sono stata particolarmente felice, perché l’infermiera che mi ha fatto il prelievo e l’assistente hanno continuato a rivolgersi a me con il femminile anche dopo aver letto il mio nome sulla lunga strisciata di etichette da attaccare sulle provette.
In particolare mi ha colpita quando mi ha detto “abbiamo quasi finito, cara”, poco prima dell’ottava o nona e ultima provetta, oltre ad “adesso la pungo, signora, tranquilla” poco prima di infilarmi la farfallina nel braccio.
Di una cortesia e una sensibilità squisite. Grazie, grazie di cuore!
Spero abbia colto la mia piena empatia per lei e tutte le colleghe e tutti i colleghi, in questo momento difficile.
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Ero talmente estatica – o intontita per il salasso ? – che solo a casa mi sono resa conto della data per il ritiro degli esami: 15 maggio! Peccato che io la visita per la TOS, per il momento, sia programmata per il 6 maggio.
Vero che on-line gli esami sono disponibili molto in anticipo. Così tanto? Posso solo sperare. D’altra parte se avessi saputo che certi esami li facevano solo di mercoledì sarei andata la settimana prima. Anche venerdì scorso, forse, sarebbe stato in tempo utile. Io non ho atteso per pigrizia, ho aspettato perché tutte le visite degli ultimi due mesi me le hanno cancellate, da riprenotare. Ho atteso per evitare di farli inutilmente, in caso di rinvio anche di questa visita. Solo che, evidentemente, ho atteso troppo.
Posso solo sperare che, visto il calo di prestazioni richieste, il laboratorio analisi sia molto veloce (e non servano tempi lunghi di “coltura”).
Comunque, essendo solo a due giorni da un possibile riapertura delle attività – che è ancora tutta da stabilire e capire come sarà quantitativamente e qualitativamente – non posso essere ancora sicura che quella visita ci sarà.
No, non siamo a carnevale. E, no, non è uno scherzo.
Ma, cercando il lato positivo, o almeno un motivo per sorridere, oggi per la prima volta, al supermercato per la spesa settimanale, mi hanno sempre chiamata “signora”, parlandomi al femminile.
E hanno continuato a farlo anche quando rispondevo con timbro di voce non proprio da soprano.
No, non ho fatto nessuna plastica facciale miracolosa: ho solo indossato la mascherina d’ordinanza. Che poi è una di quelle che servono a poco – anche se da oggi pare siano state rivalutate anche quelle fai-da-te, purché limitino la diffusione dello spray in caso di tosse o starnuto – ma fa stare più tranquilli, anche se non è omologata.
La mascherina, distribuita a prezzo di costo tramite il mio Comune, è prodotta da una azienda di abbigliamento della zona che si è riconvertita all’uopo: infatti credo sia ricavata dai top dei costumi da bagno, riadattata in formato mascherina.
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Vi ricordate che è ancora in vigore il divieto di ingresso in strutture pubbliche, amministrative o sanitarie, con il volto coperto (intendendo, per lo più, il velo islamico)? Bene, perché ora è più facile che non vi facciano entrare a viso scoperto! Ci sarebbe quasi da ridere, se non fossimo in una situazione tragica. Cito a proposito l’unica frase araba che ho imparato, in Val Brembana: “’a q’la ’aca làh in d’la ca’ làh!”.
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Credo comunque che potrei adottare la mascherina come mio capo di abbigliamento usuale, citando anche M¥ss Keta… ma la prossima volta devo ricordarmi che non è il caso di mettere il fondotinta – non lo metto tanto per vanità, quanto per coprire quella terribile ombra nera che rimane anche dopo un’accurata rasatura 😭 – quando la indosso, ché poi mi tocca candeggiarla 😉.
Non sono passati quaranta giorni dall’ultimo articolo. Ma siamo in quarantena e fa quasi lo stesso, quindi parto con una citazione musicale.
Quaranta dì, quaranta nott, che potrebbero essere sessanta, ottanta o forse più: non cambia molto.
Non cambia molto il significato di “ci penso e ti dico”.
Che, lo sapevo, è sempre stato “no”, da subito, ma “ci penso” sembra fare meno male. Sembra. A lei. Forse.
L’ho sempre saputo, il significato, perché poi il “ti dico” che avrebbe dovuto seguire il “ci penso” non è mai seguito. Mai. E l’ho sentito tante volte.
Poi l’altra mattina c’è stata la conferma: ripetendo una proposta di un paio di mesi fa la risposta è stata “ti avevo già detto che no, non mi interessa”.
In realtà la risposta era stata, indovinate ? “Ci penso e ti dico”.
La domanda è imbarazzante, sia per me che per lei. Ma quando gliel’ho fatta era da un po’ che non prendevo il luppolo e spesso avevo un fastidioso “alzabandiera” mattutino. L’offerta è stata stupida e fuori luogo. Forse poi mi sarei sentita peggio ma l’intento era sincero: se non mi vuole più come donna magari posso offrirle qualcosa con quel rimasuglio di uomo – fisiologico – che ancora sono.
Visto che i preservativi che abbiamo in casa sono scaduti da anni le ho chiesto se pensasse fosse il caso di prenderne di nuovi, per provare a fare l’amore con me. La risposta la conoscete. E non sapremo mai se, effettivamente, sarei mai riuscita a farcela ma nella mia lunga transizione negli ultimi rapporti etero che abbiamo avuto io invertivo mentalmente – lei complice – il verso della penetrazione.
Spero di non averla offesa, forse sì, ma siamo in simbiosi da così tanto tempo che mi aspetterei una sgridata, magari un ceffone – anche se non è da lei – non un finto “ci penso”.
Fatto sta che, dopo aver ricevuto la nuova fornitura di luppolo l’alzabandiera è rimasto e forse peggiorato (mi capita anche di notte, quando devo alzarmi per fare pipì). L’altra mattina era persistente – a me dà un fastidio terribile – e le ho ricordato la proposta ma non ho voluto commentare la sua risposta anche perché siamo in quarantena. E forse lei semplicemente avverte il mio disagio.
I rapporti sono già tesi per il vivere insieme coatto, adolescente incluso, 24/7, come si dice, peggiorati dalla mia disforia, dai miei dolori crescenti per la proibizione delle passeggiate, dal mio pessimo carattere, dalla mia transizione, dalla mancanza di tempo per me da sola, dalla mancanza di coccole, di sesso.
Oggi mi sono comunque concessa una passeggiata, breve, più o meno nei limiti: almeno finché non quantificano, in metri, “nei pressi dell’abitazione” – il paese in cui vivo è talmente piccolo che in qualunque direzione in due minuti a piedi, ma anche meno, si può uscire dall’abitato, se non dai confini – ma non è servito così tanto, se non, almeno spero, alle mie ossa.
E quando mi è esplosa la tristezza, stasera, ha cercato di consolarmi ricordandomi che ho iniziato la transizione. Sì, vero, ma: ho il nulla osta da gennaio e la prima visita a maggio; non posso farmi prescrivere gli esami dal dottore perché non posso andarci per il covid-19 e temo di andare a Niguarda, sempre che non cancellino l’appuntamento, solo per farmi prescrivere gli esami e tornare dopo altri sei o sette mesi di attesa; non posso permettermi il percorso privato perché oltre a non poter pagare le visite non potrei pagarmi la terapia.
Inoltre – le ho detto – mi rendo conto di aver perso ogni relazione con nostro figlio; sto perdendo lei perché ho distrutto – o sto distruggendo – il nostro rapporto (il nostro “fantastico” rapporto l’ho solo pensato).
Potrei aggiungere che non ho vie d’uscita: anche con la paga del mio lavoro – fortunatamente, almeno, mi hanno rinnovato il contratto – facciamo fatica ad arrivare a fine mese, figuriamoci se posso pensare di togliere il disturbo ed andare a vivere per i fatti miei.
Posso solo pensare di togliere il disturbo. Punto.
E mi sentirei in colpa, perché lei mi riterrebbe una vigliacca.
Posso solo ipotizzare, perché lei non legge queste inutili parole: gliene ho parlato più volte di questo blog e più volte le ho chiesto di leggerlo. Ma a lei da fastidio leggere a computer, allora le ho proposto di stamparglielo e mi rispose che ci avrebbe pensato lei.
“Ci penso”. Ecco, appunto! Cosa dicevo?
Non lo fa per cattiveria, ma è così che fa.
Quanto vorrei che mi leggesse, sia in queste pagine che dentro.