Oggi, dopo un lungo lavoro di preparazione, dovrei essere in piazza con lə compagnə di Non una di meno – Milano, per il Presidio Sensibile-Invisibile, che si tiene oggi in molte città italiane.
Era previsto per settimana scorsa e avevo preso le ferie. Per i fattacci di Roma, con l’aggressione fascista alla sede della CGIL del 9 ottobre, lo scorso sabato è stato deciso, giustamente, di lasciare spazio alla risposta antifascista, che comunque avrebbe oscurato le nostre rivendicazioni.
Purtroppo, per il mio lavoro, il fine settimana sono i giorni più intensi e sapevo che non avrei avuto un altro giorno di ferie, di sabato.
Non potendo essere in piazza ho voluto comunque partecipare alla mobilitazione virtuale e mandare un mio contributo, da leggere in piazza fra le tante testimonianze.
Il testo lo riporto qui, facendo un nuovo, ennesimo coming out, questa volta non per il mio genere né per il mio orientamento sessuale. Odio gli outing, lo sapete, ma particolarmente in questo caso, anche se il personale è politico, vi prego di tacere su di me, a meno che non sia per uno scopo politico identico al mio… ma io sono l’unica che può decidere se e dove lo sia o meno.
Non ho una diagnosi di fibromialgia, perché il percorso diagnostico e terapeutico è per lo più privatistico e al momento non me lo posso permettere, ma soprattutto perché sono decisamente in una fase di “rifiuto” della malattia.
Soffro di numerose patologie, che in parte potrebbero spiegare alcuni tra i cento sintomi della fibro, ma sono stufa di visite, analisi, scansioni e di sale d’aspetto.
Sono una donna XY, transgender, in attesa che dopo un lungo percorso clinico e legale lo Stato, con sentenza del Tribunale, mi riconosca anagraficamente come donna. Come persona transgender sono stata patologizzata, analizzata, indagata, giudicata, criticata, anche per il mio orientamento sessuale.
Per questo a volte faccio fatica, psicologicamente, oltre che fisicamente, a recarmi negli ospedali. Anche perché tuttə mi parlano al femminile finché non leggono il mio codice fiscale. Poi, salvo sensibilità individuali del personale, vengo chiamata ad alta voce con il mio nome anagrafico, con sbigottimento dellə pazienti in attesa e mio grande imbarazzo.
Avevo già considerato anni fa la possibilità di soffrire di fibromialgia ma i sintomi erano lievi e scartai l’idea, pensando di essere solo stata influenzata dai racconti di un’amica che ne soffre da molto tempo. D’altra parte, non è tutto solo nella nostra testa?
Che cos’è la fibromialgia?
Per me sono formicolii diffusi agli arti, a volte al volto, che diventano parestesie più o meno persistenti, crampi, contratture.
Rumori, quotidiani, che innescano cefalee, a volte un profondo stato confusionale, vertigini, capogiri… e stanchezza, spossatezza totale, a volte senza riuscire a dormire.
E dolore!
Tuttə noi proviamo dolore: denti, testa, scottature, mignolini pestati sugli spigoli… per le donne e le persone AFAB il dolore è troppo spesso considerato normale e banalizzato. Io sono una donna AMAB, il dolore è parte naturale di me? No! Non è parte naturale di nessun*!
Eppure, anche al dolore ci si abitua: sono in terapia del dolore con ossicodone – farmaco che odio assumere – per problemi alle vertebre lombari, ma lo ritengo sotto-controllo nonostante sia arrivata a dichiarare fra 9 e 10 sulla scala della percezione del dolore.
Il dolore che sto provando ora, però, con un’acutizzazione proprio in questo periodo, è di un altro tipo, di un’altra dimensione. Un dolore a volte “TOTALE”, diffuso, che lascia senza fiato: il cervello smette di funzionare ed elabora solo quello. Che sia reale o no, poco importa: non esiste nient’altro!
Nell’evento più brutto, recente, mi sono sentita come investita da un treno merci. Solo che invece del semplice impatto, doloroso ma istantaneo e fatale, questo treno fantasma, lungo e pesante, mi ha attraversata nel corpo, strappandomi l’anima. Non so dire se sia durato secondi, minuti o un’eternità… Alla fine mi ha lasciata completamente vuota, priva di energie, e mi sono afflosciata sul letto che sono fortunosamente riuscita a raggiungere. E meno male che ero a casa!
È stata la prima volta in cui sono arrivata a certi livelli. Spero sia solo un picco di una fase acuta, per il resto riesco ancora a condurre una vita quasi normale.
Ed è per questo, forse, che rifiuto questa nuova malattia: per avere una vita normale. Diritto che dovrebbe essere universale. Per questo mi unisco alla richiesta per un concreto impegno della ricerca scientifica e nella presa in carico da parte del SSN di queste malattie invisibili: non ci vedete – perché non ci credete – ma esistiamo!
Per lavoro non posso essere in piazza con voi ma voglio mandare un abbraccio a tuttə lə sorellə – includendo con questo termine tutti i generi e i non-generi, in una piena sorellanza transfemminista – che condividono con me queste terribili esperienze e a tuttə quellə sorellə che sono qua per solidarietà, come preziose alleatə.
Grazie!
chi.ca
L’evento è finito, il percorso per avere il riconoscimento di queste malattie invisibili invece è appena iniziato. Vi chiedo di unirvi a me, sia come compagnə di esperienze e di viaggio che come alleatə.
Il commento di tutte le persone che vi hanno partecipato o che l’hanno seguito è stato: “forte, intenso, potente, grandi emozioni”, per cui vi consiglio di cercare video e foto: i link sono tantissimi e farei torto ai più se ne citassi solo qualcuno.
Vi ringrazio ancora!
Forse ringrazio e mi scuso troppo spesso, ultimamente, ma un “grazie” difficilmente disturba. 🙏