Non ho molte vie di uscita, forse una sola, forse neanche quella

Fra gli alti e i bassi, ieri credo di essere arrivata al fondo: negli anni, nel mio rapporto con mia moglie sono passata da un grande amore etero – il “grande amore” rimane costante – a un bozzolo di consapevolezza in cui pensavo – sbagliandomi – potessero piacerle anche le donne; alla consapevolezza che cresce – come il mio piccolo seno – bilanciandomi nei ruoli e ricevendo da lei regali di intimo, anche sexy, decisamente femminile; al recitare, nell’amplesso, che fossi io a riceverlo; al riconoscimento del mio ruolo femminile, almeno – e non è poco! – nel linguaggio; all’accettarmi, pienamente e con gradimento, salvo fingesse e per quanto passivamente, nei rapporti come donna-donna, per molti anni.

Da tutto questo a dirmi che ora sono donna e a lei darebbe fastidio, disgusto, toccare e farlo con una donna… forse mi sono persa un passaggio, forse due, forse ho perso la via d’uscita.

Non credete che sia diverso il “non desiderare di farlo”, il “non considerare di farlo”, il “non pensare che possa succedere”… dal “disgusto al pensiero di farlo”. Dopo quindici anni che conosce chi sono dentro questo guscio, ormai troppo stretto per richiuderlo?

Pubblicato il titolo di questo articolo sul libro delle facce, ricevo commenti di affetto da Yvan e Clara che considero amici, insieme a Marco, ben oltre il loro ruolo nel gruppo AMA di Arcigay Varese. E così rispondo a Yvan:

«… Sono così innamorata di mia moglie, amore che mi sta crescendo ed esplodendo nel petto, manco fosse – o forse più – una cotta da quindicenne elevata ai 55 anni che ho. Ma non sai quanto sia contenta di averti come amico.

È che da quando ho iniziato a lavorare (benedizione e salvezza, sperando che duri!) si sono scatenati eventi in crescendo: Il dover tornare al ruolo maschile, il taglio dei capelli, mia moglie che quando ne ha percepito la sofferenza si è accorta che, ops, io sono una donna, definitivamente, e lei è etero, decisamente. Non è assolutamente omofobica, anzi, ma non conoscendo un termine adatto forgerei, se già non esiste, “omodisforica”, nel senso che si sentirebbe in profondo disagio, se non un disgusto, in un rapporto intimo con la donna in cui ormai mi riconosce, definitivamente, dopo quindici anni.

E io sono attratta da lei, dal suo corpo, dal suo cervello, dalla sua personalità, dal suo “essere”, come una super calamita alla Wile E. Coyote. Forse mi ripeto ma non ho mai amato nessuna come lei, in qualità e intensità.

Così tanto dal chiedermi se possano funzionare le teorie riparative o di conversione per tornare a vent’anni fa. Se non esista veramente la scelta fra pillola rossa o pillola blu. (Cit. Wachowski, sic!).

Questo accettarmi-dichiararmi-nascondermi-negarmi mi sta trascinando in un vortice tra la schizofrenia e il bipolarismo. E, giustappunto, ho rimandato l’appuntamento con la psichiatra del Niguarda di due settimane, perché non ci sarei potuta andare prima, per il nuovo lavoro.»